L’analisi della situazione è perfettamente descritta da Francesco Pacifico su Lettera 43. Proponiamo qui di seguito il suo articolo.
“Quello dei sottosegretari sembra un match di Risiko più che una partita politica. A poche ore dalla fiducia i maggiorenti di Cinquestelle e Lega hanno fissato soltanto un passaggio: prima si nominano viceministri e sottosegretari, quindi si passerà alle presidenze e alle vicepresidenze delle commissioni (la maggiore moneta di scambio per garantirsi la non belligeranza da parte di Forza Italia e di Fratelli d’Italia), infine ci sarà la spartizione che crea più appetiti, le 350 poltrone nei Cda e collegi sindacali di partecipate e quelle nelle authority. Perché Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno lo stesso problema: da un lato vogliono riempire caselle nell’ottica di riservarsi un potere di interdizione nei ministeri scelti dall’alleato e nei dicasteri occupati dai tecnici (soprattutto Esteri ed Economia); dall’altro sanno che quelle poltrone servono per disinnescare tensioni (ora latenti) degli scontenti, che non sono entrati al governo dalla porta principale.
RISARCIRE GLI SCONTENTI. Spiega un parlamentare della maggioranza giallo-verde: «Più passano i giorni e più i leader della coalizione si accorgono che non ci sono le risorse per realizzare in tempi brevi quanto previsto dal contratto, come dimostra lo slittamento della flattax». In quest’ottica si rischia una campagna elettorale permanente, «dove è utile occupare delle posizioni strategiche, anche per frenare le critiche degli oppositori interni». È il caso, tra i pentastellati, di Laura Castelli, pasionaria torinese anti-Tav, che si è vista sfilare il dicastero delle Infrastrutture, proprio per le sue posizioni barricadere e perché – come hanno svelato gli autori Nicola Biondo e Marco Canestrari – una delle principali fonti del loro libro Supernova, molto critico con i Cinquestelle. Per lei, si parla dello stesso ministero di Porta Pia o dell’Economia. Ma sarebbe da “risarcire” anche la corrente vicina all’ex movimentista e presidente della Camera Roberto Fico. In quest’ottica potrebbero ottenere poltrone parlamentari molto duri negli ultimi giorni sui nuovi equilibri come Luigi Gallo e Paola Nugnes. Parallelamente, Di Maio guarda ai suoi fedelissimi come Stefano Buffagni (l’uomo delle nomine) o il suo “responsabile delle relazioni esterne”, Vincenzo Spadafora, in predicato di andare in Rai.
Proprio a loro due il ministro del Lavoro starebbe pensando per la delega alle Telecomunicazioni, necessaria per trattare alla pari con il mondo berlusconiano, che pretende la presidenza della commissione di Vigilanza sulla Rai. Per la stessa poltrona Di Maio guarda ad Alessandro Morelli, consigliere del Carroccio a Palazzo Marino, ex Radio Padania e soprattutto consigliere Rai in pectore. Per il resto Di Maio vorrebbe piazzare gli uomini, che aveva presentato come suoi ministri (come Emanuele Del Re agli Esteri), mentre nel gioco di pesi e contrappesi il leader dei Cinquestelle potrebbe dirottare al Viminale, per controllare Salvini, un suo fedelissimo come Manlio Di Stefano, che si occupa di politica estera. Sempre tra i CinquestelleBuffagni potrebbe tornare utile, viste le sue conoscenze, per occuparsi di nomine o in via XX Settembre oppure allo Sviluppo economico. Luca Frusone potrebbe occuparsi della Difesa, Gianluca Vacca di Istruzione e Andrea Cioffi di Infrastrutture. Cresce la stella di Nunzia Catalfo, che nella scorsa legislatura si occupava di Vigilanza Rai e che adesso sarebbe in lizza per il Welfare. Lorenzo Fioramonti guarderebbe allo Sviluppo, Andrea Roventini all’Economia.
BAGNAI PERDE QUOTA. Lega e Cinquestelle, poi, starebbero discutendo sulle deleghe alla presidenza del Consiglio per due pezzi da novanta come Giancarlo Giorgetti e Vito Crimi. Intanto, il Welfare e la Giustizia diventano ministeri centrali nella strategia di potere di Salvini, proprio perché sono le poltrone di maggior peso in mano ai pentastellati. L’economista Alberto Brambilla, già sottosegretario al Lavoro e capo del nucleo di valutazione della spesa pensionistica (ma soprattutto un tempo vicino al “nemico interno” Roberto Maroni) ha annunciato in un’intervista a Repubblica che ha avuto mandato dai due leader di studiare alternative alla legge Fornero. Sempre per il ministero di via Molise si fa il nome del tecnico, ed esperto di Cina, Michele Geraci. Alla Giustizia, dove spaventa il giustizialismo del guardasigilli Alfonso Bonafede, Salvini potrebbe mandare il falco Nicola Molteni, in lizza per il Viminale come il collega Stefano Candiani. Le uscite sui tempi della Flattax potrebbero indebolire le ambizioni di Alberto Bagnai per l’Economia, dove piace anche il padre dell’aliquota unica, Armando Siri, che guarderebbe anche allo Sviluppo economico. Massimo Garavaglia potrebbe occuparsi di Regioni, Mario Pittoni di Istruzione, Edoardo Rixi andare al Mise, Raffaele Volpi alla Difesa, Guido Bonomelli e Giuseppe Bonomi alle infrastrutture.”
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