La presunzione di colpevolezza secondo Conte

Attualità

Il discorso alla Camera di Conte non si può dire sia andato liscissimo. Intanto non si trovavano gli appunti. E lui si rifiutava di partire, nonostante le grandi rassicurazioni di Di Maio (ti trovo qualcosa io da dire). Il che ricordava molto la fine del Nome della Rosa, con Adso che raccoglie le pagine dei codici portate via dal vento e ne ricostruisce versioni nuove, più o meno a caso. L’inizio dell’era post moderna in letteratura, l’inizio di quella post politica alla Camera. Un inizio marcato da quello che qualcuno, ingenuamente, ha derubircato a lapsus. Conte, ad un certo punto, ha dichiarato con decisione che avrebbe difeso la presunzione di colpevolezza dell’imputato. Qui ci sono due ipotesi: il professore di diritto stava pensando ancora a dove fossero finiti i suoi appunti, oppure Di Maio gli aveva passato quelli del vero ministro alla Giustizia, non certo Bonafede, ma Davigo. Riporto qui un estratto dell’articolo del bravo Luciano Capone de Il Foglio, che narra l’epica intervista a Porta a Porta del magistrato che ci afferma che in questo paese sono tutti colpevoli, soprattutto gli innocenti:

Spiega Davigo che tutti questi risarcimenti a persone incarcerate e poi assolte avvengono perché nel nostro sistema “le prove assunte nelle indagini preliminari di regola non vale nel processo”. C’è questo problema del dibattimento e di dover ripetere le testimonianze rilasciate agli inquirenti davanti a un giudice. Quindi succede che una persona viene arrestata sulla base di prove schiaccianti, come le accuse di tre testi, “dopodiché questi testi magari minacciati dicono che si sono sbagliati. Le loro indicazioni non possono essere più utilizzate. È un innocente messo in carcere – si chiede retoricamente Davigo – o è un colpevole che l’ha fatta franca?”. Ovviamente la seconda, da cui si capisce che gli unici errori giudiziari sono le assoluzioni. Le ingiuste detenzioni sono quindi quelle in cui una persona ha subìto un provvedimento di custodia cautelare e poi è stato assolto, “il che – dice Davigo – non significa che siano tutti innocenti, anzi”.

Ecco, Conte non si è sbagliato, non ci sono state delle difficoltà tecniche di trasmissione. È solo scivolata un attimo la maschera. Lui conta decisamente meno di quanto il dettato costituzionale prevederebbe. Chi conta, invece, dovrebbe spaventarci. Invece stiamo qui ad interrogarci sulle preferenze personali di Fontana in fatto di matrimonio e su quanto sia razzista non nominare capitano Balotelli. Capiamoci, quello che stiamo rischiando qui è un inferno giustizialista. E ieri ne abbiamo avuto solo una conferma.

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