L’Argentina, Hezbollah e la morte del procuratore Nisman

Esteri

E’ delle ultime ore la notizia che la nazionale argentina di calcio ha annullato la partita amichevole che si sarebbe dovuta disputare con la nazionale israeliana a Gerusalemme il 9 giugno. A prima vista potrebbero sembrare le solite polemiche che accompagnano gli eventi sportivi nello Stato della Stella di David (pensiamo alla partenza del Giro d’Italia), a causa della situazione geopolitica, che va dalle tensioni con l’Iran per il suo programma nucleare alla decisione del presidente Trump di spostare l’ambasciata degli Stati Uniti nella città santa per le tre religioni monoteiste.

Purtroppo, però, la situazione geopolitica c’entra, ma con dei risvolti molto più inquietanti, che vanno tenuti in debita considerazione. Dire Argentina in Medioriente, infatti, equivale a dire Hezbollah; esiste un luogo in Sud America chiamato la “Tripla Frontiera” dove si incontrano tre stati Brasile, Paraguay e Argentina, Ciudad del Este ne è la città argentina più importante. Qui esiste una nutrita (e ben radicata) comunità libanese sciita, che sembra detenere saldamente in mano il traffico di droga, il riciclo di denaro sporco e una serie di altri traffici illeciti; i guadagni di tali traffici vanno a finire nelle casse di Hezbollah, che infatti è considerato la più ricca e la più strutturata organizzazione terroristica al mondo. Questo movimento che in Libano è anche un partito politico che ha dei seggi in parlamento, dispone di un “cannone spara milioni”, che usa per conquistare cuori e menti della popolazione libanese, soprattutto nel Libano del Sud (attività che si palesò soprattutto dopo la fine del conflitto israelo-libanese del 2006). Hezbollah inonda di droga l’Europa ed ha una struttura terroristica presente in ogni parte del globo, soprattutto in America latina dalla quale drena la maggior parte delle risorse (le altre le riceve dall’Iran che, da anni, finanzia il movimento per vicinanza religiosa ed intuibili motivi geostrategici). La DEA (l’agenzia di anti-droga statunitense) stima infatti che il Partito di Dio movimenti diversi miliardi di dollari con la cocaina, addirittura Matthew Levitt del Washington Institute (in un bel rapporto del 2012) definì Hezbollah dei “narco-terroristi”.

Queste (ed altre) cose furono anche scritte nel rapporto di 500 pagine del procuratore argentino Alberto Nisman, l’uomo che indagò sull’attentato al centro della comunità ebraica di Buenos Aires nel 1994, che provocò la morte di 85 persone. Nisman trovò le prove dell’esistenza di una rete terroristica diretta da Hezbollah e fiancheggiata dall’Iran, che si estendeva in tutta l’America Latina. Addirittura il 19 gennaio del 2015 il procuratore avrebbe dovuto testimoniare in parlamento contro l’allora Presidente argentino Cristina Fernandez Kirchner, accusata di aver insabbiato le indagini sull’attentato e protetto alcuni agenti iraniani per ottenere un prezzo più favorevole sulle forniture di petrolio dall’Iran e in generale far fronte alla crisi economica del suo paese con aiuti stranieri. Peccato che un proiettile si conficco, casualmente, nel cervello di Nisman il 18 gennaio, impedendogli così di presentarsi a testimoniare. L’inchiesta sull’uccisione del giudice è ancora in corso e per adesso è stato solamente accertato che si è trattato di omicidio, mentre la Kirchner è stata scagionata dalle accuse.

Negli ultimi tempi poi il Presidente argentino Macrì ha cercato di rinsaldare i rapporti sia con Israele, che con gli Stati Uniti per avere appoggi internazionali forti (e magari aiuti finanziari) per uscire dall’attuale crisi economica. Certo la situazione dell’Argentina non è facile, però viene da chiedersi come mai, la nazionale di calcio abbia ceduto così velocemente alle proteste che si sono sviluppate contro la prevista amichevole. Forse la risposta può essere trovata negli ultimi avvenimenti nello scacchiere mediorientale: sebbene Israele sia un alleato dell’Argentina, sembra sempre più vicina un’azione unilaterale dello Stato ebraico verso l’Iran per impedirgli che completi l’arricchimento dell’uranio al grado militare (cioè utile per costruire ordigni nucleari). I segnali ci sono da tempo e la strategia d’Israele è sempre stata di colpire prima che la minaccia si concretizzi; ora gli F35 israeliani, già provati in Siria (dove è schierata il meglio della tecnologia antiaerea russa), pare abbiano già violato lo spazio aereo iraniano, dove la potenzialità della contraerea dovrebbe essere inferiore. Il vantaggio dell’Iran sta nella vastità del suo territorio, in gran parte montagnoso, che potrebbe essere difficilmente raggiunto dagli aerei israeliani, i quali non hanno altre basi da cui partire, se non quelle sul proprio territori nazionale. Senonché, è di ieri la notizia riportata su Debka, il Presidente Trump ha autorizzato la fornitura degli aerei rifornitori KC-46 ad Israele (che era stata bloccata da Obama). Questi aerei potrebbero estendere la portata dei Jet stealth ebraici, che potrebbero così colpire tutte le basi dove si ritiene gli iraniani stiano arricchendo l’uranio. Le conseguenze di una tala azione sono imprevedibili, ma di sicuro ci sarà una risposta da parte di Hezbollah. In questo scenario, Macrì potrebbe aver scelto un andamento “cerchiobottista” per non esacerbare gli animi della vasta comunità araba del suo paese, mettendo sul piatto della bilancia un comportamento ugualmente blando nel condannare il prossimo attacco israeliano. Se è veramente così lo vedremo forse nei prossimi mondiali, da come giocherà l’Argentina.

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