Anche se Napoleone aveva 130 cavalli per suo uso personale, il preferito era sicuramente un piccolo ma saldissimo stallone arabo di colore bianco tendente al grigio, al quale aveva dato il nome di Marengo. Napoleone aveva escogitato un sistema particolare per abituare i suoi cavalli al caos tipico di qualsiasi battaglia: venivano addestrati simulando scene di guerra con tanto di spari, sciabole agitate e bandiere svolazzanti al vento. Marengo fu portato in Francia dall’Egitto nel 1799, quando aveva 6 anni, dopo la battaglia di Abukir. Probabilmente proveniva dal famoso allevamento di El Naseri. Marengo era di piccola taglia: al garrese non toccava il metro e mezzo e dunque era il destriero giusto per Napoleone che era basso di statura. Lo montava volentieri proprio perché faceva sembrare più imponente la figura di chi lo cavalcava. Nonostante fosse di taglia modesta, lo stallone si dimostrò un animale affidabile e coraggioso.
Sicuramente è proprio Marengo lo splendido animale rappresentato da Jacques-Louis David nel quadro più bello tra quelli che ritraggono Napoleone: rampante, il cavallo eleva il suo padrone in un insieme plastico ed eroico. In tutta la storia dell’arte nessun cavallo è mai riuscito ad esprimere con una forza così incisiva che il suo cavaliere è il dominatore del mondo come il cavallo bianco ritratto dal grande David. L’artista era affascinato dalla personalità di Napoleone: “Oh! Amici, ecco l’uomo al quale nei tempi antichi sarebbero stati eretti altari”, disse ai suoi allievi. E ancora: “Bonaparte è il mio eroe”. E, infatti, David riuscì a renderlo solenne ed immortale nel suo famoso ritratto equestre eseguendo una complessa figura d’alta scuola: la Pesade. Si tratta in pratica di un’impennata raccolta e prolungata, che richiede al cavallo una notevole flessione del garretto e un perfetto controllo del proprio bilanciamento sui potenti quarti posteriori. Il cavaliere deve essere altrettanto abile, cosa che Napoleone in effetti era, anche se piuttosto duro con i propri cavalli. Sapeva che per vincere bisognava addestrare bene non solo gli uomini ma anche i cavalli. Dal modo in cui l’artista dipinse il quadro, comprendiamo che tale posizione era eseguita con obbedienza dal cavallo, sia perché questo flette i garretti di 90 gradi sia perché Napoleone arretra col busto per aiutarlo a rizzarsi sui posteriori. Inoltre, come se non bastasse, mentre incoraggia il cavallo, mantenendo un atteggiamento fiero e solenne, avviluppato in un mantello rosso fuoco, lo sprezzante corso con il braccio teso indica ai suoi uomini la via da seguire alla conquista dell’Italia. Si tratta infatti di un flash rilevato durante il passaggio attraverso il Gran San Bernardo, nel corso della campagna consolare d’Italia.
Il nome del Cavallo, Marengo, è dovuto all’epica battaglia cui subito dopo prese parte: si ritiene che proprio qui, in terra padana, nel 1800 contro gli Austriaci, Marengo abbia servito per la prima volta il suo amato padrone. Tuttavia, non tutti i fatti relativi al transito del Gran San Bernardo sono rappresentati in modo veritiero. Ecco come si svolsero realmente i fatti: deciso a conquistare l’Italia, Napoleone con le sole truppe di riserva del suo esercito, nel mese di maggio si dirige in Italia passando per le Alpi. Valica il San Bernardo diretto verso Genova allora sotto assedio da parte degli Austriaci col preciso piano di sorprenderli mentre sono impegnati ad espugnare la città. Certo attraversare le Alpi non è impresa da nulla; ma se vi era riuscito Annibale secoli prima, facendosi aiutare dall’aceto per frantumare le rocce che trovava di traverso sui sentieri, tanto meglio ora che si conoscevano e si possedevano le cariche esplosive. Così finalmente il 2 giugno Napoleone giunge a Milano dove viene accolto in modo trionfale. Scopre che strani volantini sono stati diffusi dagli austriaci prima del suo arrivo, dove i suoi soldati sono ridicolizzati e ridotti ad Armata Brancaleone. A Genova non fa in tempo ad arrivare, poiché la città cade due giorni dopo il suo arrivo a Milano. Tale caduta scombussola i piani di Napoleone che deve puntare verso Marengo. Qui, in una battaglia meno eroica di quella che siamo abituati a leggere sui libri di storia, riesce ad annientare gli austriaci. Subito dopo si autoproclama primo console in Italia. E’ per celebrare la vittoria sugli austriaci e la nuova alleanza con gli spagnoli che David dipinge la tela con Napoleone al Gran San Bernardo. Inizialmente commissionato dal Re di Spagna, il dipinto mostra un’idealizzazione dell’attraversamento delle Alpi compiuto da Bonaparte. In tale occasione, infatti, Napoleone non attraversò le Alpi in groppa a Marengo ma a un mulo. Tuttavia chiese espressamente a David di essere ritratto sul suo focoso cavallo. E David fu abilissimo a imprimere nell’immagine del cavallo lo stesso carattere focoso, coraggioso, altero del suo cavaliere. Ad aumentare la drammaticità del ritratto è il luogo della pesade, un dirupo roccioso, su cui sono incisi i nomi dei tre grandi che hanno osato varcare le Alpi nel corso della storia: Annibale, Carlo Magno e Napoleone Bonaparte. Del quadro esistono ben cinque versioni, ma in tutte l’animale sta impennando in modo spettacolare.
Benché Marengo non si fece carico del trasporto del suo padrone attraverso le Alpi, compito per il quale era più appropriato un mulo, meritò di essere immortalato magnificamente da David: le cronache riportano che per ben otto volte fu ferito in battaglia, recuperando sempre appieno le sue eccelse qualità. Fu uno dei pochi cavalli che sopravvissero alla ritirata di Mosca e durante la disastrosa battaglia di Waterloo Napoleone era in sella a Marengo. Purtroppo qui il cavallo fu catturato dagli inglesi vincitori dopo essere stato, a quanto pare, abbandonato frettolosamente dal suo padrone durante la fuga. Fu portato in Inghilterra da Lord Petre come trofeo di guerra. In Inghilterra venne acquistato dal generale J.J.Angerstein, e in Inghilterra terminò i suoi giorni. Era il 1831 ed era sopravvissuto al suo padrone di ben 10 anni. Morì serenamente di vecchiaia: aveva trentott’anni. Il suo scheletro è oggi esposto presso il National Army Museum nel quartiere londinese di Chelsea. Manca di uno zoccolo, che fu dato agli ufficiali delle guardie di Angerstein come macabro souvenir: ne fecero una tabacchiera. Sembra che questo zoccolo, ricoperto d’argento, faccia ancora oggi bella mostra di se’ sul tavolo da pranzo del Comandante della Guardia della Regina d’Inghilterra a Saint James Palace, a Londra.
Secondo un articolo rilevato da Internet attribuito a Federica d’Alfonso, Marengo non ha mai ricevuto le attenzioni necessarie, e rischiava di deteriorarsi a causa della scarsa cura. Solo recentemente il Museo londinese ha finalmente deciso di attuare un importante intervento di riqualificazione e tutela dello scheletro. Riportando poi le parole di Sophie Stathie: “Una delle ragioni per rimontare lo scheletro è quello di rendere il povero Marengo più simile ad un cavallo. La testa bassa, e la posizione rigida peculiare delle gambe lo facevano sembrare più come un mulo … Era uno degli oggetti più amati al vecchio museo, ma ogni volta che entravo in galleria ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di triste in lui. Prima dell’intervento, infatti, lo scheletro appariva gobbo, con qualche pezzo fuori posto. Marengo era stato originariamente montato su un telaio in ferro da un medico di un ospedale di Londra, tale lord Willmott. Egli era uno dei più famosi medici all’epoca, celebre per la sua abilità nel ricostruire scheletri umani per la facoltà di medicina: ma probabilmente, Willmott in quel caso non se la cavò molto bene con Marengo”.
Michela Pugliese
https://www.hoepli.it/ebook/cavalli-e-ronzini/9788827805336.html
Sito: https://gocciadinchiostro.wordpress.com/
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845