Quelli dell’integrazione in mare non hanno mai bisogno di cassa integrazione

Attualità

E pecché?…Pecché…ndrínghete ndrá,
‘mmiez’ô mare nu barca nira nce sta…
tutte vènono a vedere ccá
pecché…ndrínghete, ndrínghete, ndrá!

 

E pecché?…Pecché…ndrínghete ndrá,

‘mmiez’ô mare nu onghechiara nce sta..

tutte vènono a vedere e annà.

pecché…ndrínghete, ndrínghete, ndrá!

 

Un paio di  esempi partendo dai dati raccolti dalla procura di Catania ed altri

 

La retribuzione

Un soccorritore in mare (operatore umanitario) gode del contratto subordinato a tempo determinato o di collaborazione coordinata continuativa per la durata della missione a 1.700 €, come livello base, che sono nette perchè la diaria giornaliera in moneta locale è in più a copertura dei bisogni di base (cibo e prodotti d’igiene personale) e le spese di alloggio e relative spese sono a carico dell’armatore. In più si aggiungono i rimborsi delle spese di trasferta dalla residenza all’imbarco in entrata ed in uscita, a parte le solite assicurazioni e contribuzioni. Lo stipendio raddoppia in caso di maggiori competenze o se si è iscritti ad un albo professionale, con il contratto parasubordinato per la durata della missione. Gli impiegati pubblici dal 2014 possono andare in aspettativa con lo stipendio pagato dall’armatore cui si aggiungeranno i benefit in caso di cooperazione allo sviluppo; i medici del SSN dal 2010 godono dell’aspettativa per motivi umanitari nel CCNL medico-veterinario dell’area della dirigenza. Ci ono poi altri strani benefit come il cosiddetto tariffario di bonus («il nuovo calcolo del bonus per operazione SAR» ) per recuperare più migranti possibili documentato per le navi Vos Hestia di Save the children e Vos Prudence di Medici senza frontiere, che esponevano a bordo il documento su due mail il 1° agosto 2016, in italiano, della società armatrice, Vroon Offshore Services con sede in Olanda ed ufficio a Genova. “A ogni membro dell’equipaggio un premio fisso da 800 per il comandante a 200 euro per il mozzo, oltre a 50 euro a barcone pieno di migranti. I premi in denaro saranno versati sull’ultima busta paga prima dello sbarco”. Pensando che nei momenti di massimo flusso, si recuperano anche cinque barconi di migranti partiti dalla Libia, il bonus si traduce in un premio giornaliero tra i 3500 ed 1000 euro. Come si vede, la retribuzione ordinaria cresce: a parte il solito o superiore stipendio, i viaggi pagati e le diarie lo raddoppiano. D’altronde non è un’attività leggera. Non mancano le richieste d’assunzione, le figure richieste sono Field Communications Manager, Mediatore Interculturale, Medici, Altre professionalità sanitarie, Psicologi e health promoter, Tecnici logisti, Risorse umane e finanza, Coordinatori di progetto. Per un certo tempo si è ironizzato sugli alti stipendi del settore No profit, con leggende metropolitane da da 10 mila euro al mese, originata da una telefonata riportata tra membri degli equipaggi, In realtà secondo una ricerca del 2012 pubblicata dal CdS il settore no profit garantiva ai suoi lavoratori rispetto agli omologhi dell’industria e del commercio profit un gap retributivo inferiore del 28% per gli impiegati, del 32% per i quadri e del 61% per i dirigenti. Secondo il responsabile di Onrup Giuseppe Pitotti però proprio i dirigenti no proft  hanno quasi raggiunto le distanze dagli omologhi profit grazie a un quasi raddoppio della loro retribuzione. D’altronde il presidente di MSF Italia ha dichiarato il suo reddito annuo, 23.942€ lordi all’anno, non proprio da paperone. Quello che è importante puntualizzare è che il dipendente no profit riceve uno stipendio come un suo omologo profit; entrambi, si potrebbe dire lavorano per vivere. Ciò serve a sfatare il senso di una vita dedicata a missioni; sono lavori, divenuti molto numerosi anche di fronte al calo dell’occupazione profit ed alla scarsa nuova occupazione pubblica.

Mondo

Le Ong pagano stipendi sicuri. Nel mondo si stima che operino circa 50mila organizzazioni non governative ed occupino in totale 140 milioni di persone ricevendo 11 miliardi di dollari annui di finanziamenti su un budget complessivo di aiuti umanitari di 17 miliardi all’interno del mercato globale degli aiuti allo sviluppo di ca.400 miliardi di dollari l’anno. Le Ong spendono 5 miliardi in comunicazione e pubblicità, ricevendo ampio sostegno dal mercato globale dei media che li vede come ottimi inserzionisti. Le tre maggiori organizzazioni mondiali sono Save the Children, World Vision e Feed the children. Poi vengono Feed the Poor , SOS villaggi, Medici senza Frontiere, Oxfam International, Care International, Plan, Campassion, BRAC, Medicins du Monde, Academy for Educational. Tutte queste hanno bilanci tra il mezzo miliardo di dollari ed un miliardo e mezzo.

Italia

L’Istat nel 2013 enumerava in dieci anni un numero cresciuto del  28% delle istituzioni non aventi scopo di lucro, che aveva raggiunto le 301.191 tra associazioni, onlus e ong.Gli italiani che lavorano per il cosiddetto terzo settore sono i dipendenti diretti, temporanei o fissi, i dipendenti pubblici in aspettativa ed i volontari; tutti insieme “uno sbalorditivo numero di 4,7 milioni”. Le ong In Italia negli anni ’60 erano meno di 20, oggi sono 250 con oltre 16mila persone (64 a testa) che solo per il nostro paese contano di 3mila progetti. I bilanci delle ong italiane del progetto Open Cooperazione (561 milioni di euro per il 53% da fonti istituzionali e per il restante tra 427.451 donatori privati) però riguardano tutte le operazioni svolte nel mondo con più di 70mila dipendenti, in aspettativa e volontari . La causa del moltiplicarsi delle donazioni è anch’essa prosaica. Tutte le donazioni effettuate da privati o imprese ad esclusione di quelle per contanti, godono di benefici fiscali e possono essere dedotte o detratte dalle tasse a seconda si regali ad ONG – Organizzazione Non Governativa ex legge 49\87 e 125\14, o ad ONLUS – Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale del D. L. 460/97. Negli ultimi vent’anni come si vede le organizzazioni umanitarie hanno raccolto sempre più fondi da donatori privati. Le 250 ong sono poche se guardiamo alle onlus dell’accoglienza che incassano 35 euro al giorno per migrante (27,50 euro per vitto ed alloggio, 2,50 per le piccole spese quotidiane e 5 euro per le necessità del programma di accoglienza) l’importo più alto d’Europa. Qui trattiamo le ong del mare che però raramente battono bandiera italiana.

Navi

Le navi in mare sono condotte da nove organizzazioni straniere: Medici Senza Frontiere (MSF) ha una nave, Vos Prudence che batte bandiera italiana. Msf gestisce gli equipaggi anche per la Vos Hestia che batte bandiera italiana di Save the Children; e per la nave Acquarius di Sos Mediterranée. Si conoscono flotte e armatori. C’è la nave maltese Phoenix di Migrant Offshore Aid Station (MOAS) con equipaggio proprio che non va nei porti maltesi. Le navi Golfo Azzurro e Open Arms della spagnola Proactiva Open Arms sempre con equipaggio proprio, che non vanno mai in Spagna. Le quattro navi tedesche Iuventa (della  Iugen Rettet),  Minden (della Life Boat) e le due (della Sea Watch ) sempre con equipaggio proprio. Il procuratore Zuccaro distingue le Ong “di chiara fama”, le Sea-watchSea-eyeJugend RettetSos MéditerranéProactiva Open ArmsMoas ma secondo la sua indagine conoscitiva anche la nave Aquarius di Sos Mediterranee, a esempio, costa in navigazione 11.000 euro al giorno. L’ong maltese Moas di Christopher e Regina Catrambone, “ha costi per 400.000 euro mensili” per due navi Phoenix e Topaz, con bandiera del Belize e delle Isole Marshall. Moas è finanziata da Moveon.org di George Soros ed ha salvato 33.455 stranieri portandoli in Italia. Ora Frontex l’accusa di essere “collusa con gli scafisti” . Conclude Zuccaro, “ci si deve porre il problema di dove venga il denaro per sostenere costi così elevati, quali siano le fonti di finanziamento”.

Soccorsi

L’Unhcr, l’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, conta i soccorsi per il Mediterraneo  362.753 nel 2016, 163mila nel 2017 ed i morti 2030 nel 2016, o i  368 del naufragio di Lampedusa del 2013. I morti hanno dato inizio al grane intervento delle ong del mare, a Mare Nostrum, a Frontex.

In realtà i soccorsi sono stati eseguiti nel 2017 soprattutto, al 75%, da organismi statali, Guardia costiera (19%), Marina militare (35%), unità di Frontex (7,5 %), navi di Eunavformed (12%), Marine estere (4%), Guardia di Finanza (0,9%) e carabinieri (0,09%). Nel 2016 al loro top Ong (25%) e mercantili (7%) sono arrivati al 37% di soccorso. Ogni giorno potrebbero essere, tra organizzazioni e mercantili, 10 imbarcazioni con equipaggi di 30-50 persone. Assai difficile reperire il numero dei soccorritori che hanno un alto indice di volatilità per la brevità di molte esperienze singole. Si potrebbe ipotizzare un occupazione teorica di 500  persone di cui abbiamo visto le retribuzioni  con costi che secondo i dati della procura sono di molte centinaia di migliaia di euro. Ipotesi che la scarsa trasparenza delle ong non fa comprendere appieno. E’ noto che MSF non riceve contribuzioni ma si basa solo sugli sponsor. I mercantili però ed anche le ong, se operative sussidiarie delle capitanerie, ricevono un rimborso pubblico di 600 euro che fa riferimento secondo la procura di Catania  ad ogni immigrato sbarcato. Qui si apre un grande interrogativo sui milioni nei quali si valorizzerebbe il soccorso. Indubbiamente è’ un settore economicamente florido che deve pur creare un profitto a chi vi impiega risorse, navi, mezzi e dipendenti. Non è certo un settore che abbisogna dell’applicazione di armonizzatori sociali.

Lavoro pubblico surrettizio

Si tratta in fondo di attvità pubbliche non gestite da personale pubblico ma pagato da tasse direttamente per i costi pagati dallo Stato o indirettamente con deduzioni o detrazioni fiscali. Un importo che l’ex governo calcolava come costo inevitabile tra i 4,3 e i 4,7 miliardi di euro, importo che il tassato farebbe volentieri a meno di sborsare. Ora probabilmente l’Europa cambierà gli importi dedicati finora diminuiti dai 120 milioni del 2016 ai 91 del 2017 e forse arriverà ai 5 miliardi che dovrebbe pagare l’Italia. O forse pagherà 6 miliardi alla Libia come già stato fatto con la Turchia di Erdogan, giusto per tappare l’Africa come è stata intubata la Siria. Sicuramente non è irrealistico  seguire l’esempio balcanico su mari. A questo punto è necessario affidare il soccorso a capitanerie di porto e marina militare con ripartizioni calmierate numeriche con gli altri paesi e così conseguentemente chiudere l’intervento privato che onestamente non è lavoro e non è missione. Per questo obiettivo è sufficiente chiudere il rubinetto pubblico interrompendo il relativo percorso finanziario burocratico. Non è una novità che lo Stato non paghi in tanti settori. Se il vocational aid provasse la stessa moneta probabilmente perderebbe l’entusiasmo finora dimostrato …

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