“Non ne ero a conoscenza”. Virgi è pietrificata, l’ombra di un sorriso ormai fuori posto su un volto pietrificato. Vespa le ha appena comunicato che l’aula Capitolina ha intitolato una strada ad Almirante. E lei è nello studio. Impotente. Fuori posto. Fuori tempo. Ironia della sorte, è solamente colpa sua se è potuto succedere: se fosse rimasta in Aula il Pd non sarebbe uscito. E se non fosse uscito, forse, non si sarebbe consumato il disastro. Anche perché quell’arte difficile, sottile, elitaria, antidemocratica ed assolutista che è l’esercizio della libertà si esercita molto più facilmente se nessuno ti guarda. Così la sua assenza ritorna al centro della polemica. Va da sempre in questo modo: lei nomina, sparisce, avviene il disastro qualcuno le chiede conto e lei non ne sa nulla. Nulla sapeva di cosa faceva Marra. Non aveva idea dell’origine delle polizze intestate a lei. Il cerchio magico attorno a lei era l’autonomia fatta persona. E poi, vogliamo parlare del vertice di Acea? Certo, glielo aveva imposto Genova, che lo usava per tutti i dossier più critici. Però lei, almeno in teoria, dovrebbe fare questo: controllare. Era la mission affidatale dal popolo del web. Non governare, che sarebbe dovuta essere una funzione esercitata dal basso (cioè da Di Maio, non propriamente un gigante e quindi rientrante perfettamente nella descrizione), ma il controllo. La garanzia. Ed invece? Invece niente, lei non c’è. È altrove. Si staglia contro le porte dell’Abisso e guarda amorevole la città andare a fondo, trafitta da migliaia di buche.
Così, quando un villano Vespa osa riportarla alla realtà Virgi reagisce come da manuale della Casaleggio: se così hanno deciso i consiglieri andrà bene. Solo che la Casaleggio ha cambiato proprietà, ed ora le cose vanno un po’ diversamente in primis ci si deve smarcare dalla destra, altrimenti si fa un assist a Salvini che si sta divorando il MoVimento. E ci si aliena l’ala Sinistra, che già non è propriamente felicissima della questione Aquarius. Quindi Almirante non potrà avere una via. Il perché è irrilevante in questa sede. Di certo non può averla. Quindi che si fa? Piroetta, plissè ed infine casquè. Presenta (presenterà? Ha presentato?) una mozione in cui si vieta ad esponenti del passato regime fascista l’intitolazione della via. Il che dovrebbe portare a sfalciare la nomenclatura, ma ci risparmierà tra qualche decennio una via Scalfari. Quindi non saprei se sia una cosa buona. Di sicuro la toppa è peggio del buco: no, uno non vale uno. Lei è lei, i consiglieri non sono un c.
A meno che. A meno che, improvvisamente, al di fuori di ogni logica e probabilità, in un assoltao pomeriggio d’estate, in Campidoglio non si risvegli un orgoglio da lungo sopito. Sepolto, quasi. E riemerga forte, aal ricordo di chi, su quel Colle, ha scritto la storia. E muovendosi, stirandosi ed alzandosi non imponga ad una maggioranza vessata, insultata e sottomessa di dichiarare con il voto e l’orgoglio, che mai si è udito parlare uno schiavo sulla vetta di quel Colle. Nel luogo più sacro dell’antica Romanità, solo gli uomini liberi potevano farsi valere. Ed essere là, incaricati di tramandarne il valore li faccia riscuotere e dire, con un roboante senso di identità: anche se tutti, noi no. Non succederà. Ma sognare costa poco.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,