Gli esami non finiscono mai: ma per chi soffre di balbuzie esami tutti i giorni

Scienza e Salute

Milano 21 Giugno – Interrogazioni di fine anno scolastico, esami di maturità o di terza media li accomuna l’ansia. Essere agitati prima di un esame è normale e può anche essere produttivo. L’ansia è una condizione che prepara ai momenti che percepiamo come potenzialmente pericolosi e, nel caso degli esami, deriva dal timore del giudizio che ne può risultare.

«Ma nel caso degli esami scolastici, non si tratta solo di ‘ansia da prestazione’” – spiega Piernicola Garofalo, past president della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza. “I circuiti neuro-ormonali coinvolti riguardano il circuito dell’ansia e altre aree, quali quelle deputate al controllo della qualità del sonno notturno e le capacità di attenzione e di concentrazione. Quindi una ricca rete di interconnessioni neuro-biochimiche che può penalizzare le performances psico-intellettive e, a ricaduta, l’esito degli esami».

L’ansia nasce dall’anticipazione di uno scenario possibile e, in condizioni normali, ci permette di ridurre i rischi e massimizzare le possibilità di riuscire ad affrontare una determinata situazione di disagio. Tutti abbiamo la capacità di prevedere le situazioni che potenzialmente ci metteranno in difficoltà, e lo facciamo in base al successo o fallimento di esperienze passate.

«Per chi sperimenta le difficoltà della balbuzie – spiega Giovanni Muscarà, ex balbuziente e fondatore di Vivavoce Institute – l’ansia anticipatoria è associata alla paura di balbettare e tende ad essere tanto più forte quanto più in esperienze precedenti si è vissuta l’interruzione della parola e l’imbarazzo nel rapportarsi con gli altri. È importante sottolineare che l’ansia anticipatoria associata alla balbuzie è effetto delle conseguenze negative di precedenti episodi di balbuzie e non, come si può erroneamente pensare, loro causa».

Durante gli esami, i ragazzi con balbuzie hanno una doppia fonte di stress: quella di dimostrare la propria preparazione e quella di riuscire a rispondere alle domande senza bloccarsi. Questa difficoltà accompagna i ragazzi con balbuzie durante il percorso scolastico ed è quindi importante affrontare la situazione dal punto di vista didattico, partendo dalla conoscenza del problema.

«Sul piano didattico – dice Valentina Letorio, neuropsicologa – è importante che i docenti incoraggino gli studenti che balbettano a cimentarsi in compiti di dialogo, adattando le valutazioni scolastiche su criteri che non li penalizzino, ponendo più attenzione a cosa dicono e non a come lo dicono. Gli insegnanti si rivelano le figure chiave per la gestione e l’educazione delle relazioni con gli altri ragazzi e per favorire l’inclusione sociale. Conoscere davvero la balbuzie è il primo anello per portare gli studenti a sentirsi inclusi perché permette all’insegnante di evitare giudici sbrigativi e superficiali, che rischiano di inquadrare il problema in modo sbagliato, come pensare che la difficoltà a parlare derivi dall’insicurezza o dall’agitazione. Bisogna anche evitare di mettere i ragazzi sotto una campana di vetro, dispensandoli dalle più difficili prove orali, perché si rischia di danneggiarli ancora di più e di confermare in loro l’idea di avere possibilità limitate, rafforzando così gli alibi che trovano quotidianamente per sottrarsi alle situazioni più difficili».

Per saperne di più sulla balbuzie: http://vivavoceinstitute.com/categoria/focus/

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