Censis: difesa “fai-da-te”, 4 italiani su 10 amerebbero possedere un’arma

Attualità

Cresce in Italia, secondo il Censis, la voglia di sicurezza “fai da te”. Il 39% degli italiani infatti si dice favorevole all’introduzione di criteri meno rigidi per il possesso di un’arma da fuoco per la difesa personale. Il dato è in netto aumento rispetto al 26% rilevato nel 2015. Più favorevoli sono le persone meno istruite (il 51% tra chi ha al massimo la licenza media) e gli anziani (il 41% degli over 65 anni).

A fotografare la situazione è il primo Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia, al quale ha lavorato, oltre al Censis, anche Federsicurezza.

E mentre sale la propensione a possedere un’arma da fuoco, cresce anche il numero degli italiani che possono sparare davvero. Nel 2017 nel nostro Paese si contavano 1.398.920 licenze per porto d’armi, considerando tutte le diverse tipologie (dall’uso caccia alla difesa personale), con un incremento del 20,5% rispetto al 2014 e del 13,8% solo nell’ultimo anno. La crescita più consistente si segnala per le licenze del tiro a volo (più facili da ottenere), arrivate a quota 585mila, cioè il 21,1% in più in un anno). Si stima dunque che oggi complessivamente c’è un’arma da fuoco nelle case di quasi 4,5 milioni di italiani (700mila dei quali sono minori).
E i reati intanto scendono – Il trend dei reati in realtà è in diminuzione Nel 2017 sono stati denunciati complessivamente 2.232.552 reati, il 10,2% in meno rispetto all’anno precedente. In particolare, gli omicidi si riducono dai 611 del 2008 ai 343 dell’ultimo anno (-43,9%), le rapine passano da 45.857 a 28.612 (-37,6%) e i furti scendono da quasi 1,4 milioni a poco meno di 1,2 milioni (-13,9%). La concentrazione dei reati in alcune zone amplifica però le paure.

Milano “regina” dei reati – In sole quattro province italiane, dove vive il 21,4% della popolazione, si registra il 30% dei reati. Capitale del crimine è Milano, al primo posto con 237.365 reati commessi nel 2016 (il 9,5% del totale), seguita da Roma (con 228.856 crimini, il 9,2%), Torino (136.384, pari al 5,5%) e Napoli (136.043, pari al 5,5%).

Anche considerando l’incidenza del numero dei reati in rapporto alla popolazione, Milano resta in vetta alla classifica, con 7,4 reati denunciati ogni 100 abitanti, seguita da Rimini (7,2), Bologna (6,6), Torino e Prato (entrambe con 6 reati ogni 100 abitanti). Il 31,9% delle famiglie italiane percepisce il rischio di criminalita’ nella zona in cui vive. Le percentuali piu’ alte si registrano al Centro (35,9%) e al Nord-Ovest (33%), ma soprattutto nelle aree metropolitane (50,8%), dove si sente insicuro un cittadino su due.

La criminalità continua a essere ritenuta un problema grave per il Paese, con le segnalazioni del 21,5% degli italiani: viene al quarto posto dopo la mancanza di lavoro, l’evasione fiscale e le tasse eccessive. Più preoccupate le persone con redditi bassi, che vivono in contesti particolarmente disagiati e hanno minori possibilità di utilizzare risorse economiche personali per l’autodifesa: per loro la criminalità diventa il secondo problema più grave del Paese (segnalato dal 27,1%), dopo la mancanza di lavoro.

Fiducia nelle forze dell’ordine – Le forze dell’ordine godono di una grande fiducia da parte degli italiani, ma si trovano alle prese con i tagli della spesa pubblica (-1,4% in termini reali la spesa per l’ordine pubblico e la sicurezza nel periodo 2008-2016, -6,4% la spesa per il personale). Nonostante le nuove assunzioni previste, gli agenti sono sempre di meno e sempre più anziani. Tra il 2008 e il 2016 si registrano 22mila uomini e donne in meno nei diversi corpi di polizia (in particolare, 86mila under 45 in meno). Oggi il 7,8% degli operatori della sicurezza pubblica ha più di 55 anni, mentre nel 2008 gli over 55 erano solo l’1,9%.

Difesa fai-da-te per nove italiani su dieci – E così, gli italiani si arrangiano come riescono. Il 92,5% adotta almeno un accorgimento per difendersi da ladri e rapinatori. Il più utilizzato è la porta blindata, che difende dalle intrusioni le case di oltre 33 milioni di italiani (il 66,3% della popolazione adulta), 21 milioni di cittadini (il 42%) si è dotato di un sistema d’allarme, più di 17 milioni (il 33,5%) hanno montato inferriate a porte e finestre, quasi 16 milioni (il 31,3%) hanno optato per vetri e infissi blindati, più di 15 milioni (il 30,7%) hanno installato una telecamera, poco meno di 10 milioni (il 19,4%) hanno comprato una cassaforte per custodire i propri beni.

Per precauzione lasciano le luci accese quando escono di casa poco meno di 15 milioni di italiani (il 29%). Accanto al pilastro statuale, nel tempo è cresciuta una dimensione privata dell’offerta di sicurezza che concorre a garantire l’incolumità personale e l’ordine pubblico sul territorio. Oltre ai dispositivi di cui i cittadini si dotano autonomamente, nella filiera della sicurezza giocano un ruolo importante le agenzie di vigilanza privata.

Vigilanza privata – Accanto alle Forze dell’ordine, sulle strade italiane si muove già un esercito silenzioso di oltre 64mila addetti (+16,7% nel periodo 2011-2017) di quasi 1.600 imprese di vigilanza (+11,3% nello stesso periodo), che svolgono un ruolo sussidiario e complementare rispetto alla forza pubblica contribuendo a garantire sicurezza negli aeroporti, nei porti, negli uffici pubblici, in ospedali e tribunali, nelle aziende e durante gli eventi collettivi.

Agli operatori della vigilanza privata si aggiungono gli istituti che offrono servizi fiduciari non armati, un settore fortemente in crescita negli ultimi anni e che conta oltre 21mila addetti. Di fronte alla moltiplicazione delle paure e agli oggettivi vincoli di bilancio, per cui la spesa pubblica non potrà più crescere ai ritmi degli anni passati, una liberalizzazione eccessiva degli spazi di difesa individuali comporta il rischio di pericolose derive giustizialiste. Sicurezza vuol dire professionalità.

È necessario riconoscere pienamente le competenze e le funzioni dei professionisti della sicurezza che, affiancando con successo le forze dell’ordine per assicurare un bene collettivo irrinunciabile, generano valore sociale.

Inail: “617 morti accertate sul lavoro, nuovo minimo” – Per quanto riguarda invece le morti sul lavoro, nel 2017 l’Inail ne ha accertate 617 (il 58% fuori dall’azienda) a fronte delle 1.112 denunce arrivate. Se anche i 34 casi ancora in istruttoria risultassero tutti riconosciuti sul lavoro si arriverebbe a 651 morti, con un calo del 2,8% (rispetto ai 670 del 2016): si tratta del minimo storico dal 1951. Le denunce di infortunio sono state 641mila, in linea con il 2016, e ne sono state riconosciute sul lavoro 417mila, di cui il 19% fuori dall’azienda.(Tg.com)

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