Milano 29 Giugno – Alla Pinacoteca di Brera di Milano, museo che custodisce molti capolavori dell’arte italiana, ai curatori si affiancano i restauratori, a cui capita di lavorare anche all’interno di un cubo trasparente dove le opere più fragili vengono rimesse a nuovo sotto gli occhi dei visitatori, come scrivono il Corriere della Sera e Il Giorno.
Il cubo trasparente
Inaugurato nel 2003, il cubo che ospita i restauratori è stata appena rinnovata grazie al sostegno della Bank of America Merrill Lynch, con pannelli di policarbonato simile a vetro, aspiratori che risucchiano i vapori dei solventi, luci a led che imitano la fonte naturale, una piattaforma mobile che sposta persone su e giù le persone. Lavorando all’interno del cubo trasparente, i restauratori hanno a disposizione le migliori tecnologie e allo stesso tempo mostrano ai visitatori della Pinacoteca il “dietro le quinte” del recupero di un’opera artistica.
Il ritratto di Manzoni di Hayez va sotto i ferri
In questo periodo – e fino a ottobre – sotto la lente dei restauratori del cubo, e sotto gli occhi dei visitatori, c’è il ritratto dell’autore dei Promessi Sposi Alessandro Manzoni dipinto da Francesco Hayez, artista romantico che nel 1841, in sole quindici sedute, immortalò sulla tela lo scrittore milanese. La tela, alta un metro e venti e larga quasi 93 centimetri, offre l’immagine più fedele del romanziere, tanto che quando l’opera fu terminata, la moglie di Manzoni annotò nei suoi diari che era “un portento di somiglianza”.
La storia del ritratto di Manzoni
«Il dipinto ha una storia travagliata, con un risvolto buffo», racconta Andrea Carini, direttore del laboratorio, al Corriere della Sera. «Nel 1874, dopo la morte di Manzoni, il figliastro Stefano Stampa chiese ad Hayez una replica del quadro che venne così riportato nello studio del pittore. Successe però che un colpo di vento spalancò la finestra e fece cadere la tela dal cavalletto. Quell’urto ha causato una certa fragilità al supporto, che ora sottoponiamo a verifica. Nel corso del tempo, poi, c’è stato anche il normale invecchiamento della vernice. L’alterazione è molto evidente nella camicia che non appare più bianca ma ingiallita. Anche gli scuri, per lo stesso effetto di ossidazione, si sono opacizzati. Dopo la pulitura contiamo di restituire la firma, ora non più visibile, e mi aspetto di ripristinare anche la raffinatezza dei neri tirando per esempio fuori il velluto lucido del colletto dal restante panno di lana del cappotto, più opaco» (Libreriamo).
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