Dopo che gli spagnoli ebbero sterminato gli Aztechi, grazie anche all’impiego del cavallo che terrorizzò gli indigeni che vedevano creature strane con molte teste su un corpo solo, immaginando che animale e cavaliere fossero un’unica cosa, le colonie spagnole si spostarono verso nord, fuori dal Messico. Con loro si spostò anche il più importante mezzo di trasporto degli europei, cioè il cavallo. Inoltre, mentre gli spagnoli dilagavano nella parte centrale e meridionale del continente, altri europei presero a esplorare le coste atlantiche della sua parte settentrionale. Così fecero l’Inghilterra e la Francia. I francesi si stanziarono nelle città di Québec e Montréale e da qui penetrarono nell’interno, verso i Grandi Laghi e successivamente verso sud nel bacino del Mississippi, fino a raggiungere la sua foce, dove fondarono la città di New Orleans.
Si ebbero anche guerre con indiani alleati degli inglesi e altri dei francesi. Ben presto fra tutti i coloni, prevalsero gli inglesi. Partendo dalla costa est, respingevano progressivamente le popolazioni indigene verso ovest, il cosiddetto Far West per l’appunto.
Anche qui, quando indiani e uomo bianco vennero in contatto fra loro, le tradizioni dei nativi furono sconvolte. Il principale elemento di trasformazione fu rappresentato proprio dalla comparsa del cavallo. Nel giro di poco tempo grandi branchi di cavalli selvaggi, che ebbero probabilmente origine dai pochi esemplari scappati o furono rubati ai conquistatori spagnoli, popolarono le pianure. Con la cattura dei primi esemplari vi fu una vera e propria rivoluzione nel modo di vivere dei nativi che potevano spostarsi con maggior frequenza. Al cavallo fu attaccato il travois, un traino privo di ruote (i nativi non conoscevano la ruota), composto da due stanghe, fissate sui fianchi dell’animale, e un piano su cui si sistemava tutto ciò che era da trasportare. Col cavallo mutò anche il loro modo di fare la guerra tra le varie tribù. Venivano compiuti veloci raid, il cui scopo era quello di procurarsi il maggior numero di cavalli possibile. Infatti sul possesso di questi animali si basava la ricchezza di un individuo, e il furto di cavalli era una delle azioni più valorose che un guerriero potesse compiere. Membri delle tribù assunsero il ruolo specifico di mercanti di cavalli e un linguaggio mimico si sviluppò tra le tribù per facilitare il commercio tra loro; gli indiani organizzarono persino mostre annuali di cavalli.
Grazie al cavallo gli indiani modificarono anche il loro sistema di caccia. La vittima preferita era il bisonte, il ‘buffalo’ americano spesso tradotto erroneamente col termine bufalo. La tecnica di caccia consisteva nell’accerchiare il branco e attaccarlo da più direzioni. Senza briglie né sella, i cacciatori divennero abilissimi nel reggersi con le sole ginocchia ai fianchi della cavalcatura per scoccare frecce o sparare.
Purtroppo, anche qui, i cavalli hanno favorito la colonizzazione dei bianchi a discapito degli indiani.
Qui però i nativi non si lasciarono sottomettere troppo facilmente: i più combattivi e più numerosi, come i Sioux e gli Apache, si opposero con le armi, ma gli inglesi e gli americani risposero con violenza ancora superiore, spesso ignorando i trattati e massacrando anche donne, vecchi e bambini inermi. I nativi riportarono alcune significative vittorie, tra le più importanti la battaglia del Little Bighorn, dove Cavallo Pazzo, con l’aiuto di Toro Seduto, annientò il generale George Armstrong Custer e il suo reggimento 7º cavalleria. Ma infine l’uomo bianco prevalse: i nativi superstiti furono rinchiusi nelle riserve, e ottennero i pieni diritti civili e politici solo nella seconda metà nel XX secolo.
Michela Pugliese
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