Lo psicodramma della rovinosa sconfitta della sinistra ha riempito giornali e programmi televisivi. Ma un dubbio ci attanaglia: anche quando era al potere la sinistra ha mai veramente rappresentato la maggioranza del paese? Nel suo articolo per Il Tempo, l’opinione di Pietrangelo Buttafuoco.
“Una barzelletta, dice di se stesso Matteo Renzi, «pensare che io sia responsabile della sconfitta». E il leader del Giglio Magico ha ragione: lui non ha colpa nella catastrofe elettorale dei post-comunisti e dei post-cattoprogressisti. Lui non è, per come scrive nella sua e-news, «l’alibi per tutto». La sinistra ha perso – e meritava di perdere da un bel pezzo – per un motivo semplice: non rappresenta l’Italia degli italiani, è solo una minoranza egemone finalmente ridotta al rango del ciripiripì borghese dai barbari del Salvimaio indifferenti alle chimere del patto Pd-FI.
Si sa: in Italia non c’è altra disperazione collettiva (percepita) che la disfatta politica della sinistra. E non c’è altro tema – nei giornali e in tivù, tutti indifferenti ai veri problemi della comunità – che di farla tornare al governo, la sinistra, e svegliare così dallo choc tutto l’establishment, l’élite, il mainstream, insomma, la comitiva del potere da sempre uso al potere disarcionata dalla maggioranza di governo giallo-verde.
Una barzelletta, dunque, pensare che sia stata colpa di Renzi non avere più i soliti a Palazzo Chigi. La verità è presto detta nel groviglio di una trama di puro inciucio. A prescindere dai soliti che se ne restano bellamente a dominare nelle banchi nell’informazione e nella burocrazia, il Renzi che fu doveva, per il suo stesso profilo – per quel 40per cento incassato al suo esordio elettorale da Rottamatore, nelle trionfanti europee del Pd che fu – ereditare il consenso “liberale” di Silvio Berlusconi per poi traghettarlo nel Partito della Nazione e rassicurare, contro ogni possibile smottamento populista, i soliti «soliti».
Una sorta d’inveramento del Compromesso storico tra gli eredi del Bottegone comunista e i figli spuri del centrodestra, questo doveva essere.
Con tanti benefici per i ricchi – non c’era benestante che non si presentasse alle Leopolde – da sempre desiderosi di buttarsi a sinistra per ingraziarsi chiunque possa garantire loro di far fruttare capitale e sfruttamento, e con tanti danni per il ceto medio, proletarizzato nelle più spietate conseguenze se si pensa che la partita Iva, un tempo blasone dell’imprenditoria, oggi è lo stigma del precariato.
La sinistra è, dunque, solo un birignao. Si porta molto a Milano, col sindaco Giuseppe Sala – molto egemone, e di ottime frequentazioni – e dilaga adesso anche a Roma, col Modello Lazio”. E il battage di exultate intorno a Nicola Zingaretti, il governatore della regione lanciato quale salvatore dei Soviet Ztl e che tanto piace alla gente che piace.
Ma è il solito barbatrucco.
Questo modello, infatti, è solo un fortunoso inciampo altrui. A Matteo Orfini, seguace di Renzi, gli è scappata di dirla la verità – «Zingaretti si ritrova presidente della Regione solo perché la destra è andata divisa» – e se non cifosse stata la trappola scientemente voluta intorno a Stefano Parisi sarebbe quest’ultimo, oggi, a governare il Lazio (per non dire che Roberta Lombardi, la candidata del MSS, prendeva più voti dall’elettorato di destra che da quello di sinistra…).
Tutta quella sinistra che ritiene di essere l’Italia migliore – titolata a essere egemone a dispetto della somma algebrica delle urne elettorali – esiste solo nell’architettura di sistema dei poteri finanziari, internazionali e giornalistici.
Forse non c’è una chiara maggioranza politica in Italia, ma una minoranza c’è, è la sinistra. Non ha mai abitato il sentimento del popolo, tutta quella sinistra, e fino a oggi ha dominato in virtù di una sovrana sicumera: fottere il popolo. Con le chiacchiere della dichiarata superiorità antropologica. E con il distintivo dell’antifascismo (in assenza di Fascismo). “
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