All’età di 67 anni è morto a Roma il regista Carlo Vanzina. A darne notizia sono stati la moglie Lisa e il fratello Enrico.
«Nella sua amata Roma, dov’era nato, ancora troppo giovane e nel pieno della maturità intellettuale, dopo una lotta lucida e coraggiosa contro la malattia – si legge nella nota della famiglia – ci ha lasciati il grande regista Carlo Vanzina amato da milioni di spettatori ai quali, con i suoi film, ha regalato allegria, umorismo e uno sguardo affettuoso per capire il nostro Paese».
Vanzina era nato il 13 marzo 1951 e fin da ragazzo voleva fare il critico cinematografico. Anni dopo ha raccontato: «Da ragazzino tenevo degli album che riempivo con tutti i film che vedevo e ne vedevo tantissimi. Scrivevo le mie mini-critiche, mettevo già le stellette anche se non si usava, scrivevo tutto il cast dagli attori al direttore della fotografia. Ero un vero malato di cinema»
“Il mondo del cinema è in lutto: è morto Carlo Vanzina, 67 anni. In una vecchia foto in bianco e nero i due fratelli sono bambini sul terrazzo di casa, uno ha un pallone tra le gambe, l’altro è su un cavallo a dondolo. Davanti, inginocchiato, c’è il padre con una macchina da presa in mano. In fondo la loro vita di figli d’arte è tutta in questo scatto di famiglia, una sintesi naturale, che, da oggi, deve piegarsi all’assurdo di un’assenza ingiusta .
Enrico e Carlo Vanzina, figli del grande Steno, padre fondatore della commedia all’italiana, sono nati a due anni di distanza l’uno dall’altro, il primo il 16 marzo del ’49, il secondo il 13 dello stesso mese, nel ’51. Non sono mai stati uguali e non hanno mai parlato in coro, ma ora che bisogna per forza separarli, perchè Carlo non c’è più e a Enrico tocca la maledizione di piangerlo, viene fuori, potente, indistruttibile, la linea d’amore che li ha sempre uniti, pur nelle differenze: «Un fratello meraviglioso – diceva il primogenito -. Sensibile, intelligente, spiritoso. Non è mai presuntuoso anche se conosce il cinema come pochi. Ha un “tocco” personale che gli permette di raccontare le cose con grande leggerezza, senza mai annoiare». Due pagine dopo, nel volume del 2004 «Vanzina Factory», Carlo descriveva il fratello: «Enrico è uno scrittore fantastico, un “vulcano” pieno di idee, è raffinato e al tempo stesso popolare. È bello lavorare con un fratello perchè ci si capisce al volo. Abbiamo la stessa educazione, lo stesso background…ridiamo per le stesse cose, c’indignamo allo stesso modo».
Insieme, dividendosi i ruoli, Carlo regista e Enrico sceneggiatore, i due autori sono diventati una ditta e hanno raccontato, negli anni, l’Italia e i suoi cambiamenti, con il linguaggio del cinema popolare, rivendicando un rapporto diretto con il pubblico, basato su comicità e tenerezza, sguardo acuto sulle debolezze tipicamente nostrane e malinconia per un presente inevitabilmente becero: «Mi capita spessissimo – diceva Carlo Vanzina – di incontrare amici e conoscenti che mi dicono “sai, l’altro giorno sono andato al ristorante, c’era della gente seduta accanto, sembravano personaggi di uno dei tuoi film”».
Una vena marcata di maggiore riservatezza divideva Carlo da Enrico. Meno irruento, meno loquace, Carlo lasciava spesso che Enrico prendesse la parola nelle interviste, poi, però, si faceva avanti, per aggiungere, precisare, completare: «Il proverbio – aveva dichiarato una volta dice “chi trova un amico trova un tesoro. Io lo cambierei in “chi ha la fortuna di nascere fratello di Enrico trova un tesoro”». Studente a Roma del «Lycée Chateaubriand», Carlo ha debuttato dietro la macchina da presa nel ’76 con «Luna di miele in tre» e ha raggiunto i primi successi con i due cult (dell’82) che hanno lanciato Diego Abatantuono, «Eccezziunale veramente» e «Viuuulentemente mia».
L’anno seguente è quello di «Sapore di mare», manifesto di una generazione spensierata, ma anche celebrazione senza tempo della stagione che, per tutti, corrisponde ai sogni di libertà e leggerezza: «Ci siamo resi conto che in quella storia il pubblico ritrovava il prototipo delle vacanze. A tutte le età. Anche se la vicenda era datata Anni Sessanta. Grazie alle cassette e ai dvd “Sapore di mare” è stato scoperto dalle nuove generazioni e per loro è scattato lo stesso meccanismo d’identificazione». Subito dopo è arrivato «Vacanze di Natale» : «La foto di un’epoca, buffa, sentimentale, caustica».
L’etichetta di regista del cinema vacanziero viene da quei due successi intramontabili, anche se Carlo ha presto cambiato direzione, mettendosi alla prova nelle atmosfere noir di «Mystere» e in quelle effervescenti e survoltate della Milano da bere di «Via Montenapoleone». E poi, ancora, dipingendo, in «Yuppies», il ritratto di una nuova leva di giovanissimi, raccontando, nel giallo «Tre colonne in cronaca» gli intrighi della politica più spregiudicata, fotografando, nelle «Finte bionde», la borghesia romana sguaiata e senza scrupoli . La passione per il cinema, la conoscenza approfondita dei generi e degli autori, la sapienza nel cogliere mode e tendenze per poi restituirle, sul grande schermo, arricchite dal fattore umano, sono stati fari sempre accesi nella cammino di Carlo Vanzina. Segni distintivi, come quell’essere secondogenito, arrivato dopo un amatissimo fratello maggiore: «Enrico – confessò una volta – mi ha sempre snocciolato pillole di saggezza, poi, quando è successo che è andato in crisi e mi è venuto a chiedere aiuto, mi sono sentito a disagio, impreparato». La speranza, adesso, è che il ricordo di quell’immenso affetto possa essere d’aiuto a chi lo ha perso: «Carlo – ha osservato Enrico una volta – possiede la forza straordinaria di chi sa, sempre, cosa sta facendo. Tecnicamente, intellettualmente, e, soprattutto, umanamente».
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