L’Huffington Post ospita il parere di Mara Carfagna (F.I) su quanto Tito Boeri va dichiarando in questi giorni sull’importanza degli immigrati per le pensioni. Riportiamo le sue considerazioni.
“Lo scontro tra Matteo Salvini e il presidente dell’Inps Tito Boeri nei giorni scorsi ha rischiato di oscurare una questione drammatica nel nostro paese, ovvero la crisi demografica. Il basso tasso di natalità è un tema ineludibile, profondo: è essenziale metterlo al centro del discorso se non vogliamo rassegnarci davvero alla prospettiva che welfare e sistema pensionistico possano sostenersi soltanto importando immigrati. Non possiamo abdicare alle nostre responsabilità, illudendoci di sostituire le culle vuote con i barconi dei migranti.
Tutta l’Europa fa ormai pochi figli. Nel 2016 sono nati appena 5,1 milioni di bambini, su una popolazione complessiva di circa 500 milioni, con un tasso di circa 10 nati ogni 1000 residenti. Per l’Italia questo valore scende al 7,8 per mille, il più basso del continente. Se a metà degli anni Sessanta nasceva circa un milione di bambini all’anno, e soprattutto al Sud, oggi ne nascono meno di mezzo milione, pur conteggiando i figli degli stranieri residenti. La differenza è clamorosa e conduce inevitabilmente a un calo demografico e all’invecchiamento della popolazione. Le persone con meno di 14 anni, in Italia, sono oggi appena il 14 per cento. Pensare di risolvere una questione di questa ampiezza e rilevanza dicendo che “servono più immigrati” è una inaccettabile e sbagliata semplificazione, buona solo per chi si illude di poter compensare così l’assenza di una concreta politica per la natalità e la maternità. Ritengo che i temi dell’integrazione e della natalità vadano separati e non sovrapposti, come invece tende a fare Boeri.
Abbiamo certamente bisogno di buoni immigrati, gente di qualità, persone che lavorino e si integrino rispettando e abbracciando i nostri costumi e i nostri valori, ma abbiamo ancora più bisogno di buone politiche per le famiglie. Una recente ricerca condotta da tre economisti per l’autorevole International Union for the ScientificStudy of Population ha evidenziato che nei paesi avanzati i fattori cruciali per un aumento della natalità – in particolare per la nascita di un secondo figlio – sono l’esistenza di un doppio reddito per la coppia, la diffusione di servizi per l’infanzia e la stabilità del lavoro prima e dopo la gravidanza, sia per le donne sia per gli uomini. Insomma, natalità fa rima con lavoro, con occupazione femminile, con servizi per l’infanzia.
Dovremmo indirizzare con incentivi positivi quante più donne possibile verso i percorsi di studio tecnico-scientifico, perché nella società dell’automazione queste competenze assicurano percorsi di carriera robusti e remunerati. Va combattuto il pregiudizio secondo cui l’ingegnere o il fisico sono uomini, mentre le donne rappresentano un’eccezione, e per questo ho studiato un disegno di legge per esentare le studentesse più meritevoli dal pagamento delle rette universitarie per le cosiddette lauree Stem. Inoltre un grande piano per gli asili nido va realizzato con risorse italiane ed europee, per rispondere alla domanda sia quando è già elevata, come nel Centro-Nord, sia nel Sud dove va sviluppata.
E, soprattutto, va promossa con ogni mezzo, a cominciare dalla leva fiscale, la creazione di posti di lavoro per le donne nelle aree dove poche sono impiegate, in primis nel Mezzogiorno. Senza trascurare il dato che promuovere la natalità significa anche favorire la redistribuzione dei costi esistenziali di una gravidanza e della cura dei minori tra i due genitori, evitando che con la prima gravidanza una donna resti intrappolata nel ruolo esclusivo di mamma e non riesca a ritrovare la strada per il lavoro. A queste condizioni, il secondo figlio rischia di non arrivare mai. Infine, c’è il grande tema delle adozioni: bisogna favorirle, eliminando i troppi penosi ostacoli che si frappongono a quelle famiglie meritevoli e solide che vogliono donare amore e futuro a una bimba o un bimbo soli.”
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