Neri contro neri, neri ideologici contro neri di pelle, bianchi anteguerra contro neri postpostcoloniali, europei solidali contro l’atmosfera Visengrad, croati contro francesi mettono in campo una vera strana finale di calcio in quel di Mosca. A partire dai valori in campo che non vede una sudamericana o una delle europee più titolate del calcio mondiale. In campo c’è un solo titolo conquistato ed una semifinale e potrebbe essere, come è stato all’Europeo la vittoria new entry. Alla fine il fattore campo ha agevolato almeno una formazione slava, dopo gli abbandoni di Russia e Polonia. Quella Croazia, che parla come i serbi ma con alfabeto latino e si è sempre volta alla mitteleuropa a trazione tedesca, austriaca o veneziana, piuttosto che al suo background slavo. Fra le città più distanti in Croazia, Zagabria dista da Spalato solo 400 km, poco meno di mezz’Italia da Milano e Roma. Parte della Pannonia, Zagabria ha una storia, fino a ieri, tutta ungherese, inclusa l’invasione mongola dell’Orda d’oro. I suoi slavi tedeschizzati parteciparono del mondo tedesco, col nome di Agram, attraverso lo spettro ungherese, anch’esso accomunato allo spazio centrale germanico europeo per geografia più che per storia. Vengono da Zagabria sei calciatori della nazionale croata: Brozovic, e Pjaca, che giocano in Italia, nell’Inter e nella Juve, oltre a Badelj, ex dela Fiorentina; Kramaric e Jedvaj che giocano in Germania nell’Hoffenheim e nel Bayer Leverkusen; Pivaric che gioca in Ucraina nella Dinamo Kiev. A 161 km dalla capitale croata sta l’istriana Fiume che guarda l’Istria senza appartenergli da dove viene il calciatore dell’Atlético Madrid Šime Vrsaljko ed a 285 km, l’”adorabile” Zara dalmata che “dovrebbe essere in cima ai pensieri di tutti gli italiani”, per “il labirinto delle calli pittoresche”, la città che “Venezia non partorì mai, nella sua lunga e copiosa maternità, figliola più somigliante di questa, né più degna, né più devota”. Di Zara sono Subasic il portiere, militante del Monaco e la stella Modric del Real Madrid. Zara, Sebenico, Spalato si seguono una dopo l’altra, ad una ora una dall’altra, lungo la costa frastagliata dalmata croata. Da Spalato vengono in cinque: Perisic dell’Inter, Strinic del Milan, Lovre Kalinic e Rebic che giocano in Belgio nel Gent ed in Germania nell’Eintracht Francofort. Da Sebenico viene Caleta-Car che gioca in Austria nel Salisburgo. Vida viene da Grad Nasisce, vicino a Serbia ed Ungheria, che gioca in Turchia ad Istanbul nel Beziktas. Sono bosniaci di Zenica e di Derventa, Lovren che gioca nel Liverpool e Corluka che gioca nel Lokomotiv Mosca. Nella forma ad arco che la Croazia ha sulla cartina, la Slavonia, la terra dei pirati fluviali dai lunghi colli, è all’estremo opposto della Dalmazia giungendo a toccare il Danubio, da qui, cittadina di Slavonski Brod, al confine con la Bosnia, viene il giocatore della Juve, Mandzukic, a 200 km dalla capitale. Sono invece nati in Svizzera a Rheinfelden ed in Austria, a Linz, Rakitic e Kovacic che giocano nelle due rivali spagnole, Barcellona e Real. Dei giocatori croati, uno solo, Bradaric, gioca in patria (nella squadra di Fiume, il Rieka). Gi altri giocano in tutti i principali campionati, sei in quello italiano, 4 nello spagnolo, tre in quello tedesco, poi in quelli inglese, francese, belga, austriaco, russo, ucraino, turco, E’ la tradizione croata emigrare. Emigrano a famiglie intere, bambini inclusi senza intenzione di tornare, per quello le rimesse sono esigue. Lo fanno malgrado i salari cresciuti ed il calo della disoccupazione sotto il 10 per cento. Così la popolazione croata, tra duecentomila in Germania, gli ottantamila in Irlanda, i trentamila in Austria, i ventimila in Italia, oltre al calo demografico, è scesa sotto la soglia psicologica dei 4 milioni di abitanti, in negativo per mezzo milione. Figlia delle ultime modifiche territoriali europee, dopo secoli di dissoluzione romana, mongola, ottomana, tedesca, l’identità nazionale croata si collega, caso unico, direttamente all’europa nazifascista. La bandiera, gli scacchi biancorossi, l’inno, tutto deriva direttamente dallo Stato indipendente di Croazia retto dagli ustascia di Pavelic e figurativamente intititolato al re Aimone d’Aosta alias Tomislavo II. La guerra a tre, tra croati, serbi e bosniaci che accompagnò nel ’91 la nascita de nuovo Stato rinverdì la guerra civile croatoserba/fasciocomunista che aveva accompagnato 45 anni prima la resistenza jugoslava dopo l’occupazione tedesca. La seconda volta vinsero i neri, o meglio biancorossi. Malgrado siano sempre meno numerosi, i croati sono perciò particolarmente patrioti, orgogliosi di quelle battaglie per le quali altri hanno subito processi e condanne al Tribunale penale internazionale. Contro di loro giocherà la stella francese, di origine algerina e camerunense, Mbappé Lottin; Labile Pogba, di origini guineane; oppure Corentin Tolisso, togolese, o N’Golo Kanté, maliano. I bleu, formazione che secondo l’ex presidente Chirac rappresentava la Francia Black, Blanc,Beur conta 18 membri di colore su 23, dai tre oriundi congolesi (Kimpembe, Mandanda, N’Zonzi), ai tre maliani (Kantè, Sidibè, Dembelè), ai due camerunesi (Mbappè, Umtiti), più angolani, algerini, marocchini, mauri, senegalesi, guineai, togolesi, senza scordare gli americani di Martinica e Guadalupa ed i filippini. A parte il savoiardo Giroud, il marsigliese Hernández di origini spagnole e Griezmann di origini tedesche, la Francia è una squadra tutta afrofrancese, testimonianza diretta del colonialismo che in un modo o nell’altro è duro a morire. La Francia è ben felice di metterli in campo, pur dichiarando con la deputata repubblicana Nadine Morano, che La France est un pays blanche. A riguardo ironizzava Alain Delon Il Kenya è un Paese bianco? È ridicolo polemizzare contro una persona che dice che la Francia è un Paese di razza bianca. Paese bianco, la Francia manda gli afrofrancesi a rappresentarla, pagandoli bene ma senza preparargli un posto a sedere nel salotto buono. La coppa può essere vinta dai neri ma sarà tutta per i biondissimi ed ariani coniugi Macron. Vincessero i croati, ballerebbero al ritmo delle canzoni del gruppo Thompson del leader Perkovic, cattolico di rito romano, rinnovellando la minipulizia etnica delle guerre jugoslave. Vincessero i croati, sarebbe un po’ vittoria per l’Europa slava, per la mitteleuropa ed anche per le Venezie che vedrebbero valere un antico colonialismo ante litteram. Vincessero i francesi, ballerebbero in Africa sentendo questo campionato di calcio cosa loro. Per una volta sarebbero proprio i neri a confermare la citazione blanchiste di DE Gaulle.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.