Quali competenze è necessario possedere affinché gli occhi dei cacciatori di teste si rivolgano verso di noi? Quali le skills essenziali per far svettare il nostro nome sopra a quelli degli altri candidati in un processo di ricerca e selezione di personale qualificato? A dare una risposta piuttosto precisa a queste domande è una indagine condotta e firmata da tesa a individuare le hard skills e le soft skills più richieste dalle aziende a livello internazionale.
Partendo dal suo enorme database di informazioni, generate dagli oltre 500 milioni di utenti iscritti, LinkedIn ha così individuato le competenze maggiormente ricercate dalle aziende.
Per capirne di più abbiamo chiesto di delucidarci in merito alla “cacciatrice di teste” Carola Adami, Founding Partner della società di ricerca e selezione del personale di Milano Adami & Associati, chiedendole innanzitutto la differenza che intercorre tra hard skills e soft skills:
«Quando si parla di hard skills si fa riferimento ad un set di competenze tecniche facilmente e rapidamente quantificabili: ricadono per esempio in questo gruppo la conoscenza di lingue straniere, la capacità di utilizzare un determinato software e via dicendo» ha spiegato la head hunter.
«Diverso il discorso per quanto riguarda le soft skills, le quali invece corrispondono alle cosiddette ‘abilità trasversali’, ovvero a quelle competenze che hanno a che fare con la comunicazione e con la sfera interpersonale».
Le hard skills insomma si imparano, le soft skills, in linea di massima, no.
«Le competenze trasversali non si possono apprendere con corsi specifici. Dipendono dalla cultura personale, dal carattere, dall’ambiente di provenienza, dall’esperienza vissuta dal singolo, e vanno a influenzare concretamente ogni tipo di interazione» aggiunge l’head hunter.
Le soft skills, nonostante il nome, sono tutt’altro che ‘morbide e leggere’: stando al 58% degli imprenditori, infatti, queste competenze hanno un’importanza maggiore rispetto a quella riconosciuta alle competenze tecniche. La più apprezzata tra le soft skills è la capacità di leadership, e quindi di guidare in modo efficace un team. Subito dietro si piazzano le capacità comunicative, la capacità di lavorare in gruppo e il sempre più ricercato time management, qualità cruciale nell’epoca dello smart working.
Guardando alle hard skills, è la tecnologia a fare la parte del leone: si cercano infatti soprattutto professionisti con ottime competenze nel campo del cloud computing, del software middleware, del data mining, dell’analisi statistica, dell’architettura web e dell’user interface design.
«Va sottolineato che laddove solitamente nei curricula le hard skills vengono evidenziate in modo appropriato, le soft skills finiscono spesso per essere trascurate, se non espresse in modo poco chiaro» conclude Carola Adami.
Di certo il recruiter esperto è in grado di individuare e riconoscere le capacità trasversali durante il colloquio di lavoro, e inserire le proprie capacità nel curriculum potrebbe essere l’arma vincente: se infatti si mira al lavoro dei propri sogni perché rischiare di non approdare alla seconda cruciale fase del processo di ricerca e selezione del personale proprio a causa di un curriculum vitae totalmente a digiuno di soft skills?
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