Ora che sono finite le ideologie, che non si crede ai sistemi di pensiero organico e che anzi a rubamazzo gli uni cercano di rubare le apparenze figlie delle idee ad amici ed avversari, resta come arretratezza idealistica, una ultima cosa, estrema, finale. Il cibo.
Quel plusvalore creato dalla filiera – bocca lingua palato gola esofago boccadellostomaco sistema acido sistema ruminante palla stomacale fino ai precipizi ed alle curve intestinali che si incrociano si scambiano si toccano fino alle pareti alte medie strette veline del culo- che appunto rende come una livella ogni cosa, ogni sapore, ogni genialata dei fornelli, la medesima corsa. E come l’arte contemporanea anche il tran tran quotidiano si colora di quella merda d’artista del Manzoni ed elegge i cuochi a maitres d’ouvres, i loro manicaretti agli eroismi dei combattenti del passato, dei santi, dei martiri , degli inventori, degli artisti; le loro istruzioni di mantecata ai versi ed agli epigrammi. Perché sono eroi innocenti che non spargono sangue, che non distribuiscono lacrime e sudore, che non fanno tremare le vene dello spirito; alla fine sul campo lasciano molle, innocua, pacifica ed un po’ buffa merda pacifista.
Non si cammina più sulla testa, né sui piedi. Direttamente si rotola su pancia o culo grazie al cooking dialettico per il quale le pietanze assumono le caratteristiche delle parole già filosofiche: naturate, condivise, pratiche, pure, collettive, vitali, empiriche. Non è forse poi la cucina il vero contratto sociale tra uomo e natura, purché senza esagerare e nel rispettarla, se ne allontani, liofilizzando, azotando, ossigenando, transeginezzando, fino al rifiuto nichilista vegetariano vegano inappettente dell’altro gigante della nostra epoca, postideologica, che è la moda.
La cucina alla moda è il finale sincretismo gigante del nulla del pensiero cui ci inginocchiamo. Cadaveri ambulanti d’ossuta bellezza dagli zigomi frecciati alle scapole ossute che si mostrano più dei seni, girano occhioni nelle vaste occhiaie mentre sfilano portando vaste vesti, a strati, di stoffe corpose grazie ai corpi grucce semoventi con spazio da vendere. Poi a tavola, al buffet elegante il pensiero anoressico incontra lo sbaffo di senape, il ricciolo di amare agre, le foglioline trasparenti di girino, versione anfibia alla vaccinara.
Se è inutile pensare, sta calando una noia moraviana sartriana anche per il riciclo inifinito di non idee per l’abito elegante. Restano le stelle del ristorante e le stelline usurate sul nascere dagli altri mille posti improbali dove si parodiano pranzi e cene, nel citazionismo di insalatina al caffè e di spritz di cappuccino ed asparagio. Perché non resta altro motivo per restare insieme e socializzare che mangiare insieme, ovviamente a distanza schifiltosa; più che mangiare insieme, guardar mangiare insieme, scrutare nel piatto del vicino, per criticarlo con quello dinanzi. Oltre non c’è scusa ammissibile per l’umanismo quotidiano se non i lai da tragedia che con felicità di tutti irrompe a giustificare abbracci preterintenzionali e baci senza ombre.
Nel calo del rilievo economico dell’agricoltura, i cui frutti abbondanti a minimo sforzo e minore impiego nauseano troneggia le coque che ultimo si contrappone alla comunicazione virtuale e pur offre socialità. Il suo lavoro da maitre è una scusa, un prestesto, un bluff. Gli è vietata la sua natura nel declino della mangiata, la scorpacciata, l’abbuffata, l’ingozzata, la pantagruelata, la spanciata, la trugolata, la pappata.
E’ quasi un dietologo, un prete satanasso. A Lui, cuoco ideologo, ci affidiamo, senza parole, senza esibizioni, perché ci induca se non nella strafogata, nelle fantasie di piacere della gola ad una delicata, condivisa, elegante, salutare, buona per tutte le stagioni e per tutte le generazioni, stitichezza. Che il corpo si adegui al triste caso del cervello.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.