Wir Sind das Volk! Ovvero la trappola dei social

Attualità

Noi siamo il popolo, questo grido, dimenticato da quasi 30 anni, risuona oggi in Germania all’incirca nella stessa zona dove, nel 1989, lo si sentì scandire per la prima volta da migliaia di persone nell’allora Repubblica Democratica Tedesca (DDR).

Furono chiamate le proteste del lunedì, cominciarono a Lipsia nell’ambito della comunità cristiana che era l’unica che manteneva qualche grado di libertà circa il diritto di riunione. Dopo la così detta preghiera per la pace, ogni lunedì sera i cittadini si riunivano nella piazza davanti la chiesa per protestare e chiedere più diritti, per dire che la DDR doveva essere governata da loro (il popolo), non da un partito illiberale che pretendeva di rappresentarli. Le proteste cominciarono il 25 settembre 1989, il muro di Berlino crollò il 9 novembre, spianando così la strada alla riunificazione tedesca.

Nella sera di domenica 26 agosto 2018, nella cittadina di Chemnitz a circa 80 km da Lipsia (sempre in quella che 30 anni fa era Germania Est),  vari gruppi di estrema destra e di ultras di squadre di calcio locali si sono riuniti per protestare contro l’uccisione di un cittadino tedesco di 35 anni, morto in una rissa con due immigrati, che sono stati incriminati ed arrestati qualche ora dopo. Le proteste, al grido di Wir Sind das Volk!, sono sfociate in una caccia allo straniero che ha determinato il lieve ferimento di tre persone, evidentemente dall’aspetto poco tedesco. La chiamata, anziché attraverso i gruppi riuniti nelle chiese come 30 anni fa, è avvenuta tramite internet, in particolare i social network. Pare siano state diffuse notizie false in base alle quali il cittadino tedesco era stato ucciso mentre tentava di difendere una donna dal tentativo di stupro da parte dei due stranieri. Questo è bastato per far affluire circa 7000 manifestati, 6000 di orientamento di estrema destra o comunque contro gli immigrati e circa 1000 che animavano una contro-manifestazione pro immigrati. Questi numeri hanno in pratica sopraffatto i poco meno di 600 poliziotti presenti, gettando Chemnitz in un caos modello Repubblica di Weimar per qualche ora, dato che le autorità non prevedevano di dover gestire più di 1.500 persone.

Ora immaginate quanto debba essere evocativo un grido come Wir Sind das Volk da quelle parti, immaginate la suggestione degli ultras, dei neo-nazisti, dei tedeschi dell’est e dei loro oppositori in quelle ore, il coinvolgimento degli innocenti (sia il cittadino tedesco ucciso, sia i migranti aggrediti nelle ore successive), il sangue versato, la vendetta, il non sentirsi rappresentati e dimenticati o dal governo o dalle violenze perpetrate dalla folla; insomma c’era chi pensava di essere nella Germania di Weimar alla fine degli anni 20 e chi invece in quella della DDR alla fine degli anni 80.

Riflettendo su questi fatti si possono forse comprendere le divergenti rappresentazioni del paese che i vari cittadini hanno a seconda dei loro orientamenti politici e delle loro esperienze personali; le società si destrutturano quando alcune parti di esse cessano di confrontarsi sulla base del reale, dei fatti, ma si confrontano solo sulle proprie distinte rappresentazioni.

Capitò così anche da noi, molti anni fa, quando i brigatisti rossi scambiarono l’Italia degli anni 70 per la Russia del 1917 e con loro vari altri gruppi di estremisti di destra e di sinistra fecero lo stesso errore. Tutti erano convinti che bastasse dare un’ultima spallata al sistema per dare il via alla rivoluzione. Ecco tutti questi gruppi di diverse ideologie, di diversi scopi, forse hanno almeno una cosa in comune: l’influsso della situazione internazionale. Le Brigate Rosse, la Rote Armee Fraktion tedesca i movimenti della DDR e altri, sono esistiti e hanno avuto successo anche in base agli appoggi esterni o alle necessità che l’assetto internazionale imponeva all’epoca, mi riferisco al mondo bipolare e alla Guerra Fredda. Anche in quegli anni le società si destrutturavano in parte per via di pressioni o di influenze esterne. Così oggi, nel mondo globalizzato, interconnesso, dove abbiamo assistito a proteste di massa nel mondo arabo (le Primavere Arabe) che pare si siano potute organizzare anche grazie alla diffusione di messaggi sui social network, mi rimane difficile credere che, negli ultimi eventi in Germania, non ci sia stata un’influenza da parte di attori esterni (o almeno un tentativo). Attori Esteri che rispondo alle logiche dell’attuale situazione geopolitica e che sfruttano un’arma d’influenza che forse non è definitiva, ma che di certo facilita molto il lavoro: i social network.

Non penso che i cittadini tedeschi siano diretti da profili falsi controllati da qualche paese straniero, ma che qualche paese tenti di sfruttare una situazione che non ha contribuito a generare, ma che gli torna utile per creare problemi ad un suo competitor anche solo economico. Che in sostanza tramite i social network si contribuisca a destrutturare la società creando trappole cognitive, trappole dove stanno cadendo i cittadini italiani… cioè volevo dire tedeschi.

Pietro Calamai

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