Inediti (salvati) della Collezione Rapetti –
Dal 7 settembre al 23 ottobre 2018 – Biblioteca Sormani – Scalone monumentale – Milano
Da venerdì 7 settembre a martedì 23 ottobre la Biblioteca Sormani ospiterà una mostra dedicata all’artista americano William G. Congdon in occasione del ventesimo anniversario della scomparsa. Verrà esposta per la prima volta una selezione inedita di quadri della collezione di Carlo Rapetti, che intrattenne con l’artista un rapporto di collaborazione durante il periodo trascorso dal pittore nella Bassa milanese, dagli anni Ottanta fino alla morte.
Nato a Providence, Rhode Island, nel 1912, Congdon si avvicina alla pittura dopo la tragica esperienza di autista volontario di ambulanza sui campi del secondo conflitto mondiale. Alla fine degli anni Quaranta realizza le sue prime mostre presso la Betty Parsons Gallery come esponente della corrente degli Espressionisti Astratti conRothko, Pollock, Barnett Newman, Motherwell, Reinhardt e Pousette-Dart.
Nonostante il successo artistico in terra statunitense, già negli anni Cinquanta si allontana dall’Action Painting ed intraprende un cammino di maturazione umana ed artistica in Italia, alla ricerca sofferta di un linguaggio proprio.
E proprio durante il periodo trascorso nella Bassa milanese, a Gudo Gambaredo, Congdon raggiungerà la sua massima espressione artistica: qui si consolida il rapporto di amicizia e di collaborazione con Carlo Rapetti, che diventa suo assistente di studio fino alla morte, avvenuta nel 1998. Rapetti – unico ad essere ammesso nella Cascinazza, il monastero benedettino presso il quale Congdon, nell’autunno 1979, aveva trasferito il suo studio – più volte fu l’ago della bilancia nella decisione di salvare o distruggere un quadro nella fretta di reperire supporti e, grazie alla sua capacità di prendere tempo e di procurare nuove tele, vennero salvate molte opere.
Ponendo all’attenzione del pubblico e degli studiosi una parte significativa di questo corpusfinora sconosciuto, la mostra intende proporre spunti e riflessioni per ulteriori approfondimenti critici e suggerire nuove chiavi di accesso alla lettura dell’opera integrale di William Congdon. Lo fa soprattutto proponendo una lettura “laica” della sua opera, in particolare dei dipinti a carattere religioso, i crocefissi che sono, secondo il curatore Mario Cancelli, «“rappresentanza” dell’io in quanto scoperta del corpo/psiche. Grazie a loro un vuoto è stato colmato. È indubitabile che ciò sia avvenuto nell’esperienza della conversione religiosa, come è indubitabile il fatto che dopo Assisi l’iconografia sacra divenga medium del soggetto Congdon».
Lo stesso artista, in un’inedita biografia autografa esposta in mostra, parla della sua conversione e del periodo trascorso tra Assisi e Subiaco e scrive «L’incontro con Cristo mi fa scoprire che il suo dramma di Croce è pure il mio». Da qui il titolo della mostra, l’ortodossia del gesto pittorico che è un’affermazione dell’io di Congdon, uno scoprire sé stesso attraverso nuovi linguaggi a cui fa da contraltare la tensione sempre presente verso l’esperienza dell’Action Painting.
William G. Congdon viaggiò molto, dall’India allo Yemen al Perù al Sudan, e in Italia visse per vent’anni in Umbria, passando dei brevi periodi a Milano, città amata e odiata, ma propedeutica per poi giungere al buen retiro di Gudo. «Per poco tempo abito anche a Milano dove per disgusto faccio quadri incrostati di nero smog raccolto dai davanzali delle finestre», scrive Congdon, descrivendo una Milano che non offre né fascino né consolazione, ma che traghetta l’artista verso quel “non luogo” rappresentato dalla bassa milanese che ricercava da sempre, «amabile e abitato, [che] può generare materia d’arte, fornire occasioni e trasformare in “non luogo” tutti i luoghi», come spiega Cancelli.
La mostra, che si snoda lungo lo Scalone monumentale della Biblioteca Sormani con ingresso da via Francesco Sforza 7, culmina all’ultimo piano con l’opera Estate 19, sintesi del percorso dell’artista ormai in possesso di un linguaggio originale in cui il dato oggettivo diventa soggettivo e la realtà narrata viene rappresentata tra realtà e simbolismo. È questa la cifra stilistica inedita di Congdon che viene rivelata in occasione della mostra grazie all’opera di recupero e di affezione compiuta da Carlo Rapetti, una figura nuova di collezionista che conserva e difende il lavoro di Congdon dall’artista stesso e dal tempo.
Oltre ai dipinti verranno esposti documenti appartenuti all’artista messi a disposizione da The William G. Congdon Foundation – fotografie, lettere autografe di Jacques Maritain, Thomas Merton e Igor Stravinskij, diari e alcuni strumenti (spatola, pennello, pettine metallico, punteruolo) utilizzati per dipingere – e cataloghi e pubblicazioni dalle raccolte della Biblioteca.
Nelle finalità del progetto, propiziare una ri-lettura dell’opera di Congdon, sta il significato della scelta della sede espositiva: non uno spazio consacrato all’esibizione pubblica del pittorico ma una biblioteca, anzi, “la” biblioteca dei milanesi, cattedrale laica dei saperi, luogo di scoperta in cui la conoscenza è resa accessibile a tutti al solo fine di stimolare nuova conoscenza.
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