Ma perché no? Deve pensare Sala. A 60 anni è una corona d’alloro, una consacrazione essere di nuovo sindaco. L’euforia della Festa dell’Unità, il profumo del fritto, le bandiere rosse al cielo, qualche illusione sanno enfatizzarla. D’accordo il rosso è per comodità, gli amici gli hanno regalato la maglietta del Che, le cose non sempre sono una passeggiata, per quel cicaleccio fastidioso di un’opposizione che si oppone e per quella giustizia che fruga tra le righe e i pensieri, ma il provinciale diventato manager e poi primo cittadino di Milano, ha appeso il cappello della soddisfazione. E Milano si inchina. I salotti radical chic lo venerano e la masturbazione mentale di chi si sente imperatore di diritto è come una scimmietta che non vede e non sente. D’altronde i servi della gleba (le periferie) non hanno voce per pretendere, il degrado avvilente del verde e delle strade non parlano a chi non sa vedere, la criminalità, soprattutto straniera, è un male dovuto in una grande città.
“Se oggi fossimo nel 2020 e dovessi decidere se ricandidarmi o no a sindaco di Milano direi di sì. Credo di esser tagliato per fare il sindaco. Certamente considero la possibilità di fare un doppio mandato, la decisione dipenderà da come mi sentirò tra due anni, se avrò le energie fisiche e psichiche, intanto lavoriamo”.
La decisione rimane soggettiva di chi offrirà o no il cadeau del suo potenziale a questa città. Non sfiora all’eletto l’idea che Milano, quella vera che lavora, sia stufa di promesse aleatorie, di sogni di grandezza, di ideologie per riempire la pancia. Se Sala è tagliato per fare il Sindaco, Milano è tagliata per una persona vera che si sporchi le mani con la realtà.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano