Al Domusforum con urbanisti e sociologi si discute del futuro della città globale, il sindaco Sala fa il brillante manager, esprime giudizi in libertà, si sente artefice di una città che conosce ben poco. Soprattutto i milanesi. Ma davanti a cotanto parterre le sue considerazioni sono talmente evidenti da sembrare banali. Dice “Milano è una città vivibile, ma c’è ancora molto da fare” Vivibile dove? Già troppe volte si è parlato di una città divisa in due, centro e periferia, lusso e fame. Con quell’ossessione”, dice lui, per le zone decentrate abbandonate a se stesse. Un’ossessione tale…che il piano periferie è un fallimento, che i migranti chiamati a gran voce, non si sono integrati, che il puzzle Milano non riconosce se stesso. Ma l’ossessione deve essere il suo tormento. Davanti agli urbanisti riconosce “il costo della vita è legato soprattutto al costo della casa”. Perchè il quotidiano è faticoso da vivere e le case, soprattutto quelle temporanee per giovani studenti, hanno avuto un rincaro difficile da sostenere. “Servono più case in affitto a prezzi più bassi per andare incontro ai nuovi milanesi che sono in particolare giovani”. Ma l’insufficienza di case a basso prezzo è un esercizio di memoria finora senza soluzioni o ricerca di soluzione. Si spera che anche questa ossessione non si fermi alle parole. Ma la conclusione è un poema. Ribadisce centralità delle città perché “la loro forza sta nei cittadini, che spesso si sentono più milanesi che italiani, più londinesi che britannici, ma hanno richieste precise e quindi chiedono città più sicure e più verdi”. Verissimo: i milanesi si sentono soprattutto milanesi, ma convivono forzatamente con ospiti che amano l’illegalità, amano essere autonomi nel fare, si alleano in comitati. Perché Sala non li ascolta e non fa?

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano