Finanziarie fantastiche e dove trovarle: compagni Spagnoli alla riscossa

Attualità

Repubblica è felice. Qualcuno fa una finanziaria in deficit ed è scritta come l’avrebbe scritta l’Ulivo. Gioia, gaudio e tripudio. Finalmente possiamo insegnare a quelli sciocchini a Cinque Stelle cosa voglia dire essere comunisti. I punti fondamentali dell’accordo tra Podemos e Socialisti sono: aumento delle tasse sui ricchi per finanziare, e cito,: “un congelamento di fatto degli affitti nei quartieri popolari, l’aumento di un quinto del salario minimo, il raddoppio degli assegni familiari, il ritorno in forza del sindacato nei contratti di lavoro, la promessa di asili nido e materne per tutti, aiuti per i non autosufficienti”. Tutto questo a deficit, ma aumentando solo del 40% rispetto agli accordi precedenti. Il Paradiso signori, il Paradiso. Se non fosse che, Madrid o Roma, la fuffa rimane fuffa.

Nelle cinquanta sfumature di rosso delle due manovre (rosso sia nei conti che nella logica che le muove) ci sono tre errori comuni che minano i risultati che si vorrebbero ottenere. Prima di tutto, nella logica keynesiana che ci portiamo dietro da settant’anni, anche a volerla prendere per buona, si fa deficit quando c’è crisi. Non quando si cresce. Quando si cresce si risparmia. Si riduce il debito.

Così nei giorni di pioggia qualcosa da mangiare si troverà. Adesso fuori c’è il sole. Perché stiamo spendendo ancora? Secondo punto in comune, le coperture sono frutto di fantasia. Le tasse sui ricchi non funzionano più delle previsioni di crescita di Savona. I ricchi sono mobili, la crescita drogata non dà risultati reali. Quindi il deficit sarà alla fine più alto. Ed i mercati lo sanno. Infatti lo spread dei due paesi sta aumentando. Infine, non si crea benessere barando. Dispiace per la creatività sprecata, ma è così.

Entrambe le finanziarie sono, in realtà, la risposta sbagliata ad un problema che affligge l’intero Occidente: la gente aveva delle aspettative irreali, la politica le ha alimentate, la realtà ha presentato il conto ed ora la rabbia è tanta. La globalizzazione, per funzionare, si è divisa in due fasi: venti anni in cui l’Asia è diventata una potenza globale, poi la lotta perché si aprisse al mercato, per riequilibrare il discorso. La prima parte ha funzionato benissimo. La seconda non è mai partita. Nel punto di raccordo i sogni, le aspirazioni e le speranze dell’uomo della strada si sono infrante.

Ed ora c’è il sogno di un assalto al Palazzo d’Inverno in cui si sogna di poter vivere senza lavorare o di far pagare ai ricchi tasse che non pagheranno mai. Giustamente, tra l’altro. Come si pensi di raggiungere questi obiettivi è irrilevante, sono semplicemente sbagliati. L’unico risultato reale che otterremo è quello di far crollare le economie basate sul welfare.

Pensateci, oggi chi corre sono Usa e paesi Asiatici (Giappone a parte). Due mondi dove lo Stato Sociale non sanno nemmeno cosa sia. Più o meno. Comunque due mondi molto distanti dal nostro. Non è un caso. E sicuramente il segreto per agganciarli non è diminuire gli affitti delle case popolari o dare il reddito di cittadinanza.

Il segreto di (Pulcinella) è ridurre le tasse a chi produce ed i benefit a chi non lo fa. Qualcuno la chiama austerità. A me pare solo giustizia. Ma questo deve essere perché io non desidero la roba d’altri e rispetto il settimo Comandamento. In sunto perché, ringraziando devotamente Dio, non sono comunista.

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