Come si fa opposizione ai tempi del populismo

Attualità

Ci può essere un’opposizione efficace nei prossimi anni? Una opposizione che possa essere alternativa di governo e non partiti della ridotta? Se lo chiedono in molti. Potrebbe esserci, anche se in politica teorie e condizionale funzionano sempre male, ma prima bisogna venire a patti con l’idea che le elezioni 2013 e poi 2018 hanno determinato una frattura netta nella storia del sistema politico italiano e nella cultura diffusa. In particolare, mi pare, si debba considerare:
a) l’antipolitica come un elemento strutturale. Questa può essere declinata in modi alternativi a quello grillino (es. classe politica troppo invadente e corrotta, tassatrice e sfruttatrice, anti-burocrazia ecc), ma esiste. Lo stesso vale per i protagonisti: può essere a capo dell’opposizione chi è stato già respinto alle urne dopo aver governato? Fossi uno del PD guardando i candidati al congresso mi farei qualche domanda. Lo stesso per Forza Italia.
b) i problemi (negati) del capitalismo. Tra chi propone un reddito di cittadinanza e chi difende i bikers di deliveroo vincerà sempre il primo, lo stesso tra chi propone di tassare le banche e chi di completare l’unione bancaria. Questo va considerato, pur senza diventare respingenti alla logica economica quando si governa. C’è un grande capitalismo globale che convince sempre meno gran parte della popolazione e c’è un grande capitalismo nostrano che viene percepito a ragione come corrotto, ammanicato, salvato dalla vecchia politica. Inoltre c’è un problema di welfare per cui non basta “meglio un lavoro sfigato che niente” se non offri prospettive e qualche tutela a chi ne ha zero. Con una disoccupazione così elevata per così tanti anni e salari così stagnanti non si può evitare una risposta su questo fronte.
c) l’immigrazione è un problema. La storiella che l’invasione non c’è è una fantasia di certi giornali. Fermare gli sbarchi è solo un primo passo. Sono arrivate 650mila persone in quattro anni, sono visibili e percepibili, non sono regolari e non hanno formazione. E nessuno ha la più pallida idea di cosa fare, come integrarli o come rimpatriarli. Servono risposte.
d) Eliminare l’idea per cui gli italiani non hanno fatto abbastanza sacrifici per salvarsi. Abbiamo pagato più tasse, si è andati in pensione più tardi, c’è chi ha scontato anni di disoccupazione, chi si è reso conto che la laurea presa non avesse il valore promesso. Questo le persone se lo ricordano e puniscono chi ha chiesto quei sacrifici o non soddisfatto quelle pretese.
e) Eliminare l’idea che i populisti vincono perché gli italiani sono ignoranti. Gli italiani sono come ogni altro popolo con dentro tutto e il contrario di tutto. Votano certi partiti e certe persone perché ci sono stati problemi irrisolti, crisi, trasformazioni del mondo. E votano quel tipo di populisti perché quella è la tradizione politica italiana, che emerge ciclicamente nella nostra storia. La competenza in politica non è un valore fondamentale. È un quid pluris, ma non è costitutiva. Specie nell’era dei social. Bisogna metabolizzarlo. Se io e Di Maio facessimo un dibattito di fronte a 100mila persone e poi si vota, lui mi batte. Sempre.
f) l’europeismo non è un tema. Non è politica. È un concetto vuoto che non significa nulla. Oggi l’europeismo è Moscovici, chi tifa Unione Europea così come è viene percepito da grandissima parte dell’elettorato come uno che tifa lo straniero. Idem per chi evoca la salvifica Troika. Si possono difendere alcune conquiste dell’Europa e la moneta unica, molto più difficile difendere le istituzioni nel loro complesso. Il nazionalismo è una istanza riemergente, non va ignorato ma canalizzato cioè diretto verso alcuni obiettivi europei ed internazionali.
g) gridare al fascismo o lanciare allarmi continui sulla democrazia. Che qualcosa non funzioni se ne sono accorti tutti, ma credere che siamo sull’orlo di una deriva autoritaria è totalmente controproducente. “Dici così perché avete perso” ti dicono. Invece di pensare al fascismo chi è interessato dovrebbe costruire una alternativa. Ci sono tutti i mezzi mediatici, economici, politici per farlo.
h) la demografia è un problema. È una società di anziani e qualsiasi forza politica vuole compiacere gli over 60. Se non vuoi farlo (non credo ciò possa mai accadere sinceramente) allora devi spostare risorse da lì verso le famiglie e i giovani, facendoli smettere di campare con la pensione e la casa della nonna.
i) l’economicismo passa un brutto momento. Siamo pieni di economisti che parlano di politica. I risultati non sono proprio esaltanti. “It’s the economy stupid” è un tema da anni novanta. Superato. I conti e i dati contano per le strutture tecniche ma molto meno per un elettorato che palesemente cerca altro: sicurezza, protezione, localismo, rivalsa ecc ed è immune a qualsiasi disciplina fiscale (“perché ne ho diritto”). La fiducia verso una nuova era di ricchezza è troppo basso, è una promessa che non funziona. Ciò non significa sfasciare i conti o legittimare chi vuole farlo ma essere abbastanza furbi da non farne una bandiera politica alla partenza che alienerebbe i consensi di gran parte degli elettori. L’economia è solo un pezzo di una torta politica molto più ampia, piena di valori, percezioni, psicologia ecc.

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post di Lorenzo Castellani 

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