L’ultima grana è di ieri, quattro senatori rifiutano di votare il decreto sicurezza. Ad una decina di giorni dallo scandalo manina, e poco prima dell’arrivo della finanziaria in aula non è un bel segno. Se non altro perché la maggioranza assoluta il Governo la supera di 6 voti. E la pazienza della Lega è al limite, se si considera il sintomo più pericoloso della vicenda: il silenzio di Salvini. Come ci insegnano decine di anni di governo assieme, la Lega quando parla è innocua. Perché si sfoga, metabolizza, appaga gli elettori, poi si siede al tavolo e si trova la quadra. È successo così nel caso del decreto fiscale, in cui si è scoperto che svendere gli interessi di chi produce al Nord per appagare gli istinti di vendetta di consuma al Sud era tutto sommato fattibile.
Il problema era che, dopotutto, quello era solo l’inizio. Dopo la gelida manina, è arrivato il caldo oleodotto. Qui i Grillini hanno dovuto cedere. Già, ma a chi? Perché Salvini era a favore 8come ogni uomo e donna di buon senso), ma non era la sua battaglia. Quella, semmai era la Tav. ma del Tap possiamo dire che gli interessava fino a là. C’erano le penali, dicono i Grillini.
Ma non è vero, ci sarebbero state cause, è vero. Le avrebbero perse, ovviamente. Ma di penali nemmeno l’ombra. Quelle ci sono in Val di Susa. Là, però, ieri sera i Grillini hanno votato in Comune per bloccare tutto. Nel grande, profondo, assordante silenzio Salviniano. Il capitano era impegnato a dimettersi da consigliere comunale a Milano. Ma il tempo per due parole non l’ha trovato.
Poi c’è il capitolo Genova. Anche quello fermo, con il sottosegretario Rixi impegnato personalmente a rosicare il cemento, ma senza alcuna speranza di vedere entro Ottobre un testo di decreto completo. Ed anche su questo, silenzio generale. Non è una ciritca politica. È un’analisi. Salvini sta carburando. Ed a breve si attende il botto.
Se va tutto bene, il giorno dopo l’approvazione della finanziaria. Se va male sul decreto sicurezza, si rischia che esploda tutto durante. In quel caso tria ha pronto il piano B: scorporare Fornero e reddito di cittadinanza dalla Finanziaria, abbattere il deficit e far votare le due misure a parte. Sicuro che, chiunque gli subentri, senza un governo giallo oro, quei provvedimenti non vedranno la luce. Avremmo così un deficit attorno al punto, punto e mezzo, la benedizione di Bruxelles, verrebbe sventato l’aumento dell’IVA e si tornerebbe a votare con una cornice di relativa stabilità.
Ed un problema politico enorme: spiegare alla nazione come si sia potuto far perdere sei mesi a tutti, buoni rapporti con i partner storici e qualche miliardo ai risparmiatori per fare la manovra che qualsiasi governo avrebbe in ogni caso fatto. Scritta a Bruxelles come tutte le altre. E non certo per carenza di sovranità, ma di serietà. Vedremo. L’unico fatto è il vasto, enorme ed inquietante silenzio del Capitano.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,