Sono le 18 di martedì 30 ottobre quando le telecamere della farmacia riprendono l’ingresso di un uomo che si avvicina al bancone e chiede due siringhe. Quando esce, camminando lentamente, altre telecamere lo riprendono mentre si avvia verso i bagni pubblici del mezzanino della Stazione Centrale. Una volta entrato, chiude la porta alle proprie spalle e quella porta resterà chiusa fino alle 8 di mattina del giorno dopo, quando un impiegato della ditta di pulizie, dopo aver bussato, si accorge che qualcosa non va e avverte la vigilanza.
In quel bagno ormai c’è solo il cadavere di chi era entrato con passo lento il giorno prima, un 42enne italiano, morto per overdose di eroina. Le indagini della Polfer e della Scientifica si prolungano per tutta la mattina, ma non lasciano dubbi: nessun segno di violenza sul corpo, ma lì accanto una siringa con un piccolo resto della droga utilizzata.
A questa tristissima storia di un uomo che ha buttato via la propria vita, si aggiunge una riflessione: era forse da quindici anni che in Centrale non moriva più nessuno di overdose. Questo episodio riporta alla memoria gli anni Ottanta e Novanta, quando il flagello dell’eroina lasciava cadaveri negli angoli più nascosti e appartati di strade, parchi e stazioni ferroviarie.
Oggi qui a Milano d’eroina si muore soprattutto a Rogoredo, dove dall’inizio dell’anno si sono registrati 6 decessi. Gli spacciatori per portare avanti il loro lugubre commercio hanno preferito spostarsi nei boschi e nelle campagne della periferia, per evitare di attirare troppo l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica con file di tossici, anche giovanissimi, che aspettano il loro turno per il buco. Il 42enne morto in Stazione Centrale però mostra come l’emergenza eroina per Milano stia diventando un problema molto più diffuso che non si limita certo al Boschetto di Rogoredo.
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845