“Nel processo penale ogni intervento settoriale rischia di essere una catastrofe. Può entrare in conflitto con altre norme e creare problemi terribili. A maggior ragione se questo intervento riguarda affari delicatissimi come appunto la prescrizione del reato”, dichiara Carlo Nordio, ex procuratore di Venezia ed ex presidente, nel 2002, della commissione che portò il suo nome incaricata dall’allora ministro della Giustizia Roberto Castelli di riscrivere il codice di procedura penale. Procuratore, lei è molto critico nei confronti della proposta voluta dai cinquestelle di bloccare la prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado. Che cosa non la convince? Sul contenuto di questa riforma si sono espressi in questi giorni autorevoli commentatori. Io mi limito solamente a dire che, se venisse approvata, creerebbe un cortocircuito con l’esecuzione della pena. Mi spiego. Se si blocca la prescrizione del reato poi si deve bloccare anche la prescrizione della pena. Altrimenti si favorisce l’imputato che, dopo essersi fatto condannare, scappa, ben sapendo che trascorsi dieci anni la pena sarà estinta. Alfonso Bonafede e Luigi Di Maio vanno ripetendo da giorni che la riforma della prescrizione è prevista nel contratto di governo. Guardi anche io ho letto questo contratto di governo. E da nessuna parte c’è scritto che va bloccata la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Si parla solamente di “riformare” l’istituto. Il tema doveva essere affrontato preventivamente in tavoli tecnici con gli addetti ai lavori come ad esempio proposto dal presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin? Certo. La prescrizione è un tassello fondamentale del codice penale. Non può essere riformato con un semplice emendamento. Il presidente emerito della Cassazione Giovanni Canzio ha affermato ieri in una intervista quello che tutti pensano ma non dicono. E cioè che il problema principale riguarda le indagini preliminari. In quella fase maturano la maggior parte delle prescrizioni dei reati. Indagini preliminari vuol dire ruolo del pubblico ministero e toccare il pm è operazione sempre molto complicata… Su questo aspetto vorrei fare chiarezza. Prego. Il pubblico ministero italiano è l’unico organismo al mondo che ha un potere senza responsabilità. Detto da lei bisogna crederci. Con il codice di procedura penale di tipo accusatorio abbiamo mutuato il pm dagli Stati uniti dove è il capo della polizia giudiziaria. Con un ‘piccola’ differenza. Negli Stati Uniti è elettivo e quindi se non funziona va a casa. Noi invece abbiamo mantenuto le garanzie giurisdizionali che esistevano nel processo inquisitorio. Il risultato è ben noto… Abbiamo un organismo sbilanciato. Indipendenza del giudice con i poteri politici del pm americano. Un mix che non esiste in nessuna altre parte del pianeta? Ripeto, solo in Italia. Il processo accusatorio ha due sistemi: quello americano e quello inglese. In America il pm è il capo della polizia ma non ha indipendenza in quanto è elettivo. In Inghilterra è indipendente come quello italiano ma non è il capo della polizia. Le indagini vengono fatte dalle polizia senza chiedere il permesso al pm. Non potevamo copiare il modello inglese? Viste le esperienze italiane preferisco anche io che ci sia un controllo da parte del pm. Sarebbe stato rischioso. Però devo esserci una responsabilità. E copiare il modello americano? In Italia un pm elettivo non lo vedrei bene. Non c’è soluzione allora? No. Sarebbe importante un potere di controllo durante le indagini da parte del giudice se il pm è inerte. Esisterebbe l’avocazione delle indagini da parte della Procura generale. Sulla inerzia del pm il controllo non deve essere devoluto alla Procura generale ma al giudice. Perché non è possibile sanzionare il pm inerte? E’ un discorso complicato. L’obbligatorietà dell’azione penale intasa le Procure di fascicoli. Punire per l’inerzia è un principio giusto. Ma bisogna vedere se questa è una inerzia necessitata perché il pm è sommerso da fascicoli che non riesce a fisicamente a gestire o altro. Nessuno ha mai fatto l’analisi di quanto lavoro possa svolgere correttamente un pm professionalmente preparato e diligente. Un’ultima domanda. Perché a Piercamillo Davigo questa riforma piace? Anzi, come affermato dai pentastellati in Commissione giustizia a Montecitorio ne è lui l’ispiratore. Come ripeteva Senofane, esiste una tendenza sbagliata: quella di crearsi gli dei a propria immagine e somiglianza. “Gli Etiopi – diceva il filoso greco – affermano che i loro dei sono camusi e neri, i Traci che sono cerulei di occhi e rossi di capelli”. Quando un magistrato ha fatto per troppi anni il pm poi è portato a vedere la realtà deformata dai suoi occhi. |
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.