Uno scià alla corte d’Europa

Cultura e spettacolo

 

Estratto da Uno scià alla corte d’Europa di Kader Abdolah, Iperborea, Milano 2018:

«Debussy gli fece un inchino, prese posto al pianoforte e iniziò a suonare. Si rendeva conto che un monarca orientale tradizionale come lo scià non poteva avere una grande conoscenza della musica classica occidentale, né di sicuro la pazienza di sorbirsi un lungo pezzo al pianoforte. Così decise di eseguire qualche brano dei suoi capolavori preferiti. […] Lo scià si domandò se dovesse dire qualcosa a proposito di Beethoven, perché lo sentiva nominare ovunque in Europa. Meglio di no, pensò, ma poi disse: “Tuttavia il nostro compositore preferito resta Beethoven. La sua celebre Nona sinfonia in re minore ci piace molto. Secondo noi rappresenta una pietra miliare nel panorama della musica sia occidentale che orientale. C’è una sorta di impeto naturale nella sua musica. Beethoven esprime la sua rabbia, la sua speranza, la sua disperazione e i suoi sogni attraverso suoni potenti, da cui si viene sopraffatti. Quando la ascoltiamo diventiamo parte della sinfonia. Quello che fa ci spinge a pensare a noi stessi.”
Debussy guardò lo scià pieno di ammirazione. Non pensava che fosse così informato sulla musica classica occidentale. Non sapeva che lo scià ripeteva le parole che aveva sentito pronunciare da Bismarck una sera in cui, a Berlino, il cancelliere tedesco era andato a trovarlo.»

Se conoscete l’autore di La casa della moschea e di Il re non c’è da aggiungere altro. Si tratta di un romanzo, in forma di racconti a cornice, dal tono leggero e accattivante (non fatevi spaventare dal numero di pagine). Qui l’autore ha sposato la propria fantasia ai diari di viaggio dello scià qajaro Nasser al-Din e a testimonianze autentiche: pure quelle di una delle sue duecento mogli (lei ha molto a che vedere con la figlia di Hugo…). Il ritratto del sovrano che viaggia con un seguito da Mille e una notte nei Paesi fra Russia e Francia è insieme bonario, malinconico e spietato: un monarca che parla e legge bene il francese, veste di gemme e oro e ha già fatto uccidere il proprio ministro Amir Kabir nel giardino di Bagh e-fin. Troverà modo di liberarsi pure del di lui assassino: un barbiere che ha l’impudenza di rubare oppio e zollette di zucchero. Continui i tuffi nell’attualità a noi contemporanea che intercalano in modo proficuo gli incontri del sovrano. Si va da Tolstoj alla Parigi di Pasteur e di Nadar; dall’Olanda libertaria alla Londra della regina Vittoria che conserva una giacca speciale dono del collega persiano. È l’addio di un lontano erede del re dei re Ciro il Grande ad un mondo che già non è più.
L’ho letto poco dopo Il Grande Gioco di Hopkirk che resta fonte di avventure sorprendenti e anche contemporanee a questa.
Francesco Gala

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