Quel pugno chiuso alzato, con la veemenza di un’esultanza che rappresenta la mancanza di attenzione, di vicinaza. Il decreto per Genova è legge. Il Senato ha approvato il testo con 167 voti a favore, 49 contrari e 53 astenuti. Oltre a Lega e Movimento 5 Stelle, hanno sostenuto il testo anche Fratelli d’Italia (per amor di patria) e Autonomie. Contrari Pd e Liberi e uguali, mentre Forza Italia si è astenuta (per amore di Genova). La bagarre, la contrapposizione accesa, gli insulti, tutto ha inizio con quella foga baldanzosa che sdogana il cattivo gusto, il linguaggio volgare e provocatorio anche in aula. Doveva essere il giorno del ricordo, del rispetto per le 43 vittime, del silenzio.
Il commissario e sindaco di Genova Marco Bucci ha dichiarato : «Come commissario, procederò all’assegnazione dei lavori con negoziazione diretta senza pubblicazione. Ci sarà una lettera d’invito e alle aziende sarà fatta richiesta di progetto preliminare che dovrà avere: previsione di durata del ponte, costi e tempi di realizzazione. Poi ci saranno aggiudicazione, richiesta di dissequestro del ponte e demolizione».
La capogruppo di FI, Anna Maria Bernini, ha accusato i 5 stelle: “Li abbiamo visti sbeffeggiarci. Noi non gli chiediamo di condividere quello che diciamo, ma almeno di ascoltare – ha detto facendo riferimento al fatto che il ministro Toninelli avesse ‘giocato con il cellulare’ mentre erano in corso le dichiarazioni di voto – noi non accettiamo lezioni”. La Bernini ha contestato l’esponente del governo per “aver sollevato il pugno durante la votazione, parlato al telefonino e masticato la gomma americana durante le dichiarazioni di voto. Non le permetteremo più di venire in quest’aula agitando i pugni”.
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