Al MuDeC la prima mostra dedicata a Banksy in un museo pubblico italiano. Banksy, artista e writeringlese la cui identità rimane nascosta, è considerato uno dei più noti rappresentanti della street art contemporanea e i suoi lavori esprimono, in chiave satirica e provocatoria, posizioni politiche o etiche, in grado di interpretare o influenzare il pensiero collettivo. La sua protesta visuale, insieme all’alone di mistero che lo circonda, hanno conquistato un pubblico ampio e soprattutto giovane. Sarà una mostra non autorizzata dall’artista, come tutte quelle a lui dedicate, in quanto Banksy continua a difendere anonimato e indipendenza dal “sistema”.
“A Visual Protest. The Art of Banksy”, in programma fino al 14 aprile, raccoglie circa 80 lavori tra dipinti, litografie, serigrafie e print numerati (edizioni limitate a opera dell’artista), corredati di oggetti, fotografie e video, circa 60 copertine di vinili e cd da lui disegnati e una quarantina di memorabilia (adesivi, stampe, magazine, fanzine, flyer promozionali) che raccontano l’opera e il pensiero di Banksy.
La mostra rientra nel progetto scientifico del MuDeC dal titolo “Geografie del futuro”, un racconto sul “sapere geografico” inteso come approfondimento sui territori e sulle culture che li abitano, letto attraverso diverse discipline di studio (storiche, sociali, fisiche, antropologiche, ecc). In particolare, con Banksy la relazione con la geografia si connota di tratti sociali: la relazione con il paesaggio umano nel quale si esprime, spesso in zone di conflitto, l’attitudine sperimentale e l’interesse verso la teoria della “psicogeografia” di matrice situazionista, secondo cui lo spazio di azione dell’artista è il territorio.
Il MuDeC, dal 27 novembre fino al 15 gennaio, proporrà una campagna di comunicazione legata alla mostra che prevede l’affissione in città di 660 manifesti (140×200 cm) per dare la possibilità, agli artisti che vorranno esprimersi, di trasformare il manifesto in un’opera. Ogni 15 giorni verranno affissi 220 manifesti, poi i manifesti verranno sostituiti per dare spazio alle nuove creatività; lo stesso destino, del resto, che subiscono le opere di alcuni street artist, godute solo da poche persone prima della loro cancellazione, strappo, distruzione o furto.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Dopo aver varcato un’ideale “soglia” che evoca un mondo industriale e metropolitano, il visitatore si imbatte nella sezione introduttiva: il mondo di Banksy prima di Banksy. Il Situazionismo, le proteste del maggio 1968 e i writer di New York degli anni ’70 e ’80 furono i “movimenti” che, con una forma di protesta visiva attraverso la fusione di parole e immagini e con un’attitudine all’azione, sono per Banksy riferimenti per modalità espressive o per “affinità elettive”. Del movimento situazionista degli anni ’50 e ’60 (con radici nel marxismo, nell’anarchismo e nelle avanguardie artistiche del Novecento) Banksy condivide l’attitudine sperimentale, l’attenzione alle realtà urbane, la teoria della “psicogeografia” (secondo la quale lo spazio di azione dell’artista è il territorio), l’aspetto performativo, ma soprattutto il “détournement”, cioè quella forma di plagio in cui la fontee il significato dell’opera originale vengono sovvertiti per creare un nuovo lavoro. Come gli street artist della sua generazione, Banksy accentua il contenuto dei messaggi politici e sociali in maniera esplicita, spostando il messaggio dalla forma al contenuto.
Il tema della ribellione
Banksy sostiene che se il potere esercita la propria egemonia culturale in televisione, cinema, pubblicità, chiese, scuole e musei, lo street artist trova nella strada il luogo ideale nel quale mettere in atto una contro-egemonia. Lo fa con una serie di tecniche artistiche, veloci e riproducibili, come l’idea e la pratica della serialità o del “détournement”. Attraverso la lettura dei lavori sono illustrate le strategie, il senso e gli obiettivi dei messaggi e la cifra stilistica, lo stencil, affinato da Banksy con il duplice scopo di eseguire lavori illegali con velocità e allo stesso tempo renderli più elaborati.
In mostra i suoi famosissimi ratti, che assumono una dimensione metaforica: “Esistono senza permesso”, dichiara. “Sono odiati, braccati e perseguitati. Vivono in tranquilla disperazione nella sporcizia. Eppure sono in grado di mettere in ginocchio l’intera civiltà”. Nei lavori di Banksy i ratti diventano vandali armati di vernice e pennelli, borghesi con l’ombrello e abiti impeccabili, scassinatori, rapper, operai, sabotatori. I ratti sono il paradigma dei writer: come i ratti popolano fogne, cunicoli, aree degradate e abbandonate delle metropoli moderne, così i graffitisti si muovono nottetempo in luoghi analoghi per marchiare muri, vagoni, cancelli e serrande con i loro spray, stando bene attenti a non incappare nelle forze dell’ordine.
Il tema dei “giochi” di guerra
Gran parte dei soggetti di Banksy è contro la guerra. Più che un impegno politico, la sua è una guerra culturale contro la guerra e le logiche che la producono. Tra queste inquadra nei propri lavori la religione, l’industria bellica e lo sfruttamento del territorio.
Il tema del consumismo
I lavori di Banksy sul tema del consumismo prendono di mira il capitalismo e il mercato dell’arte, i cui consumatori sono spesso privi della capacità critica necessaria per comprenderla. Il consumo è principio e fine di una dinamica sociale che rende l’individuo sempre più incline all’acquisizione di beni materiali: una dinamica basata su un’aspettativa di felicità che viene sempre disattesa ma che crea dipendenza, come mostrano le figure ammantate che si inginocchiano davanti a un cartello che recita “Oggi fine dei saldi”, in venerante attesa di una nuova stagione di sconti.
Un documentario appositamente realizzato per la mostra, racconta la figura di Banksy: venti minuti di vita vissuta tra le periferie, gli spazi urbani e i riflettori – non voluti – delle più prestigiose case d’asta e degli spazi espositivi di mezzo mondo.
Banksy si è cimentato anche nella produzione di cover di vinili e cd per importanti gruppi artistici musicali contemporanei: in mostra circa 60 copertine di dischi che spaziano dalla musica elettronica sperimentale all’hip hop, dalle grandi band internazionali dell’elettronica, come i Durty Funker, al British hip-hop di Blak Twang, fino ai dischi dei Blur e alla contraffazione di un disco di Paris Hilton. Un corner dedicato a questa produzione poco conosciuta di Banksy offre la possibilità al visitatore di fermarsi ad ascoltare alcune selezioni di brani da questi dischi. Le opere sono integrate da una quarantina di memorabilia di e sull’artista tra litografie, flyer promozionali, cartoline,fanzine, magazine e giornali vari, cartoline e biglietti raccontano in maniera insolita e poco vista la storia dell’artista e il suo mondo.
Uno spazio multimediale chiude il percorso raccontando i luoghi del mondo in cui Banksy ha operato, lasciando allo spazio pubblico i suoi murales: alcuni lavori sono esistenti, molti sono scomparsi per incuria o sono stati rimossi. Da questo lavoro di mappatura emerge come il genius loci sia un aspetto fondamentale nel lavoro dell’artista: molti murales nascono semplicemente in funzione dei luoghi in cui sono realizzati. Anche per questo motivo, e in linea con i principi di fruizione delle opere dell’artista, si è scelto di non presentare in mostra lavori che potessero essere sottratti illegittimamente da spazi pubblici, ma solo opere di collezionisti privati di provenienza e autenticità certificata.
INFORMAZIONI 02/88.46.37.24 | www.mudec.it
BIGLIETTI Intero € 14,00 | Ridotto € 12,00
PRENOTAZIONI www.ticket24ore.it | Tel. +39 0254917

Laurea Magistrale in Lettere Moderne. Master in Relazioni Pubbliche.
Diploma ISMEO (lingua e cultura araba). Giornalista. Responsabile rapporti Media relations e con Enti ed Istituzioni presso Vox Idee (agenzia comunicazione integrata) Milano.