A Di Maio: ma la verità non è onestà? Le due facce di un leader allo sbando

Attualità

Doveva essere un governo a trazione grillina, ma è un governo a trazione leghista per l’implicita debolezza di un leader allo sbando, poltronista, con la parola pronta ma senza visione. Ha promesso di tutto nella realizzazione precaria di un sistema economico da verificare. L’opposizione di Fico e compagni all’interno del movimento è sempre quell’antica e onesta adesione a idee di sinistra. Idee velleitarie e scomposte che percorrono le aule del potere come zanzare impazzite. La convivenza con Salvini è un’arrampicata continua, una lotta senza armi ma che sfibra e annienta. Di fronte due posizioni inconciliabili con il Nord che lavora e il sud che aspetta il Messia. Ma qualsiasi idea si abbia il re è nudo e il consenso vacilla per le tante situazioni imbarazzanti, per usare un eufemismo, in cui si trova. Negare la libertà di stampa perché è scomoda, perché rivela la verità è l’ultima ipotesi di chi ha paura, di chi nasconde scheletri minacciosi e fa intravvedere una vocazione all’autoritarismo anche pericolosa. Pensare alla sua insistenza per essere premier, dà la misura della precarietà di un’Italia spaventata che si affida a quell’”onestà” che non esiste nel Movimento, e diventa un grido stonato se incontra la verità. E dopo l’inesperienza, l’incapacità, l’improvvisazione a detrimento di tutti gli italiani, constatiamo che le sue parole sono spesso fuffa e ipocrisia (Vedi tessere di cittadinanza mai stampate, nonostante le dichiarazioni) e i festeggiamenti rappresentano farse populiste. Giustamente Linkiesta rileva “Abbiamo un ministro del lavoro che con la sola imposizione di un decreto (dignità) ha fatto sparire 170mila posti di lavoro in soli tre mesi. E che, come racconta all’Espresso, ha nominato segretario generale del suo dicastero lo sconosciuto amministratore di una cooperativa fallita con una laurea telematica come titolo studio, tale Salvatore Barca, il cui unico merito, a quanto pare, è quello di essere un militante Cinque Stelle. Quando si dice la meritocrazia e pure la democrazia (diretta).” Davvero l’Italia merita una persona così, di nome Di Maio?

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