Gaetano Saffioti, qui ci vuole Cincinnato

Attualità

Ventre a terra, Giuseppe Gallinella, il geygeriano direttore de il Format, si è messo a raccogliere quello che resta, cioè quello che vale; e quello che importa, che alla fine ritornaalla fine della storia.

E la storia è quella dell’antimafia, croce e delizia sadica dei due secoli dell’Italia moderna. Ciò che resta sonoi Gaetano SaffiotieLuigi Leonardi imprenditori calabrese e campano, 16 e 2 anni sotto scorta, i Michele Albanese ed i Michele Inserra, giornalisti, 4 e 3 anni sotto scorta, fino ai pellegrini del Santuario della ndrangheta, quello della Madonna di Polsi (Reggio Calabria), sotto scorta dagli anni ’50. La vita sotto scorta è una doppia galera, la minaccia sempre incombente criminale e parimenti quella dello Stato che nelle sue procedure ed inesattezze, isterismi ed illogicità finisce per asfissiare anch’essa. Malgrado l’impegno degli uomini che le compongono, le scorte sono una condanna, una palla al piede per chi, vittima e denunciante, si ritrova sotto la spada di Damocle di una sentenza non scritta, spesso eterna, senza fine mai.

Le ricerche di Gallinella si trasformeranno in un docufilm,La Mano Nera,del regista Ambrogio Crespi della IndexProduction, che ha inventato il relativo format e l’ha applicato esemplificantemente ai casi Tortora, generale Mori, Capitano Ultimo ed ancora al caso carcere (Spes Contra Spem) e quello dellaMalaterradella terra dei fuochi. Regista che anch’egli è da un decennio un caso di giustizia, con 200 giorni di carcere subiti e lo sciopero della fame del fratello Luigi, l’inventore per Berlusconi di un altro format, famosissimo, quello del Contratto con gli italiani del 2001. Non mancano nemmeno i giornalisti del j’accuse continuo, del giacobinismo pulito, della caccia al politico dove corrotto fa rima con nemico e viceversa, Luca Telese e Sandro Ruotolo, simbolidi una stagione che alla fine ha impallinato gli stessi cacciatori.

C’erano proprio tutti nel carosello di giustizia invocata, giustizia penata, giustizia patita, giustizia usata, giustizia esarcerbata, giustizia negletta, giustizia tradita, giustizia idolatrata, nelle mille ed una giustizia che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Riuniti per caso spiazzando il tema dell’appuntamento a Roma, sottotraccia, nascosti dal turbinio della vita moderna, della comunicazione, della pubblicità, tra un trionfo all’aziendalismo ed un premio al miglior venditore della Fabbrica dei leader. C’erano i Crespi, c’era Gallinella, c’era Telese e soprattutto c’era significativamente Saffioti.

58enne di Palmi, imprenditore edile, testimone di giustizia dal 2002, Saffioti avvia in dieci anni con le sue denunce le operazioni di polizia Tallone d’Achille, Arca,Cosa Mia,Scacco Matto, retate da 50 arresti a botta ed incriminazioni per le famiglieBellocco, Mazzagatti, Romeo, Nasone, Piromalli, Gallico, Pesce cui Saffioti unico ha avuto il coraggio di mettere le ruspe a disposizioneper abbattere concretamente una villa abusiva in area archeologica.

L’uomo  Gaetano, dallo sguardo profondo, occhi verdi, scrutanti tutt’intorno, curiosi del nuovo ma pronti sulla difensiva risponde così a  margini  dell’evento Fabbruica della libertà.

Resta davvero difficile immaginare come si sia deciso un 40nne, nel pieno della carriera professionale, con  moglie e figli , a dire no al sistema in cui è cresciuto e in cui vive?

Sembra strano ma è una questione razionale. Magari tremano i polsi ma capisci che le imposizioni farebbero morire la tua impresa che diventerebbe de facto finanziatrice della criminalità. Lo fai proprio per la famiglia. O te ne vai o ti rivolti. Mi sono messo a vendere all’estero, a Parigi, in Tunisia, nel mondo arabo. E vado meglio di prima. La vita dopo le denunce non solo continua ma migliora addirittura. Lo dimostro con i fatti e se l’ho fatto io lo può fare chiunque.

Il cambiamento di vita repentina necessario per la salvezza tua e dei tuoi cari, come ti ha cambiato,  anche dal punto di vista emozionale?

La prima cosa è che stata una esperienza formativa eccezionale. Tante cose che sospettavo, intuivo, immaginavo, mi si sono rivelate e palesate anche come arguti processi di business. Come riaprire gli occhi al mondo e rivederlo nuovo di zecca preciso con tutte le sue intersecazioni. Nulla più della conoscenza ti dà la padronanza ed il self control perché l’informazione è potere. Le cose sono state adrenaliniche al punto che l’energia ha soffocato le paure.

Daniel Goleman dice che il buon leader dirige con il cuore, si può?

Qui bisogna passare dagli uommini e quaquaraquà al sei locomotiva o vagone. Perciò ci vuole soprattutto cuore cioè passione su cui il carattere possa poggiarsi a spina dorsale salda. Ho rispetto per i miei dipendenti, che considero una risorsa perché so che ciascuno nel suo spazio deve saper guidare come farsi guidare.

Saffioti, sei un eroe dell’antimafia, cos’è la giustizia?

Come nelle comunicazioni riuscite, una famiglia felice, le piccole cose belle di tutti i giorni. La giustizia che riesce è quella che non ti accorgi che c’è. Poi non voglio passare da eroe. La giustizia i suoi eroi spesso se li beve oppure li elegge tra persone dubbie. Per me la giustizia è un dato di fatto quotidiano, me la ricorda la scorta. Che può essere qualcosa di molto diverso a seconda della situazione. Per qualcuno la scorta è fama e onori, lustrini e dimostrazione di potere. Per altri è la riduzione al silenzio assordante e obbligato cui riduce l’ostilità dell’ambiente circostante.

E nella realtà, come è la giustizia?

Azione riuscita e comunicazione pessima. Ed alla fine inciampi sempre nella giustizia che punisce e reprime e non cambia le cose. In fondo stiamo sempre alla guerra al brigantaggio. Non si è trovato il modo di arrivare al cuore delle persone, ma da quello dipende tutto. Tutto dipende dalle persone della massa, dalle loro reazioni quotidiane, dalla mentalità.

La gente cosa si attende?

Anche parole dure. Anche la constatazione che la Calabria viene tenuta a stato d’ossigeno ridotto, al livello di sopravvivenza. Prima era la paura ora è una sorta di parareddito di cittadinanza cui la gente si adatta per quieto vivere. Per godersi la libertà, ti devi godere il come e non il cosa, o vivrai di rimorsi.

Di cosa c’è bisogno?

Di fare. Fare il Ponte dello Stretto che è utile come quello di Copenaghen, della Manica e di Crimea. Di puntare al turismo nella terra bagnata da due mari con le montagne al centro. Se la Calabria è un ragazzo intelligente ma svogliato, farlo con l’immigrazione di massa di persone e imprese da altri regioni, invogliati da condizioni fiscali vantaggiose. Fare autostrade e binari e strade bene ed in fretta. Perché nemmeno la giustizia può porre rimedio al coma economico cui la criminalità condanna la Calabria.

La giustizia è spesso costretta a sequestrare i cantieri

Qui ci vuole un Cincinnato che sull’altare delle cose da realizzare sul serio abbia tutti i poteri aldilà di ogni pastoia burocratica. Magari un stesso nome del mondo della Giustizia. Fare è divenuto però ormai essenziale. D’altronde la burocrazia è la stessa che mi manda persone che, pur pubblici funzionari, mi chiedono come faccio a farcela e se non abbia voglia di andarmene. Capito l’antifona? Invece penso di non abbandonare. Si deve combattere in prima linea, in trincea a fianco di chi ne ha bisogno, e come non si abbandona un amico in difficoltà, così come non si deve abbandonare una terra e i suoi abitanti.

L’hai raccontato nel libro Questione di rispetto

Rispetto per sé stessi e non per l’onore esibito dalla ‘ndrangheta.  Superare questo muro, se l’ho fatto io tutti possono.Anche se quando cerco di regalare- non vendere- in Calabria non mi accettano niente. E’ dura ancora  dimostrare che se si vuole si ha il potere di scegliere di stare dalla parte della legalità. Si riesce bene nelle scuole, dove ho fatto discorsi di legalità a Milano, in Emilia, in Toscana

In Calabria?

Ancora no…. Io mi sforzo di far capire ai miei conterranei che questo sistema deve cambiare. Oggi non ci sono più alibi. E’ possibile farlo, basta rimboccarsi le maniche e non piangersi addosso. Incentivando la denuncia: magari destinando l’uno per cento dei lavori pubblici alle aziende che denunciano. Questo è importante, destinare parte degli appalti pubblici a chi denuncia e rischia. Attenzione a chi denuncia e non calunnia…

Prima il libro, ora un film

Sono felice di divulgare le tematiche della legalità e dell’oppressione economica criminale che condanna alla povertà. Il sistema criminale opprime lo sviluppo in questa terra.  Non sono molti quelli che affrontano il problema, come i Crespi, Gallinella, Telese. Le telecamere stanno magari nei tribunali e meno per i campi, fabbricati e vie. Contribuire alla divulgazione di tutto questo mi rende particolarmente felice. Voglio essere un mezzo con cui veicolare questo messaggio: che non solo ci si deve liberare ma anche che si può fare. Sarà il messaggio de La mano nera, e sono convinto che avrà successo.

 

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