Siria, dal Grande Circo al Grande Gioco (senza occidentali)

Attualità

Due giorni fa un bombardamento delle forze internazionali, che fanno capo agli Usa, ha ucciso Sinan al-Dulaimi uno degli ultimi leader dell’ISIS che segue la fine di Abū Bakr al-Baghdādī e vice, califfi dello Stato Islamico.

E’ morto presso Sousse (da non confondersi con l’omonima cittadina tunisina già divenuta famosa per terrorismo in spiaggia) oltre il confine sirio-irakeno, quello tracciato a squadra da Sykes e Picot nel 1916 che divideva la Siria francese dall’Iraq inglese sul corpo comatoso della Turchia ottomama. Materialmente ora il cadavere di Sinan segna che la forza da 50mila uominiil del Daesh o Stato Islamico, a 4 anni dalla sua comparsa, è fuori dalla Siria; simbolicamente dice che anche quella linea europea non c’è più.

Quel presidente Bashar al-Assad che osservava timoroso il crollo del regime cugino iraqeno e la massiccia presenza Usa non c’è più. In quasi 9 anni dalle idi di marzo del 2011 si è ripreso gran parte della Siria armando più di mezzo milione di persone (378mila soldati, 80.000 miliziani,  10.000 fantasmi shabiha della morte presidenziali, 50.000 dell’esercito popolare Jaysh al-Sha’bi). Assad, il presidente ereditario di dinastia nazionalista siriano, che era stato a meno di un passo dal venire investito da una coalizione internazionale di volenterosi e dal venire processato al pari di Milosevic come criminale di guerra dall’ennesima Norimberga, è ora il quarto a sconfiggere gli Usa, dopo Vietnam, Iran e Somalia. E può in tutta indipendenza sviluppare l’amicizia con i russi che sono venuti in 60mila armati fino ai denti ad aiutarlo assieme a 5.000 Hezbollah, 10.000 Brigata al-ʿAbbās e 10.000 delle milizie sciiti persiane, tutti nemici della Nato. Ora per la prima volta le intelligence siriana ed egiziana si incontrano ufficialmente a Il Cairo. Nessuno discute più la presidenza siriana. Sono cessati anche gli attacchi isterici alle Nazioni Unite

Nella Siria fuori dall’orbita occidentale sperduti restano i francesi inquieti a sgambare sul fronte nordovest che divide Assad dall’area sempre più esigua ancor in mano ai ca. 150mila ribelli (5.000 iracheni, 100.000 Esercito Siriano Libero, 45.000 Fronte Islamico, 20.000 non siriani inclusi i16mila di Al Qeda ostili al Daesh) le cui sorti appaiono senza senso e che stanno cercando in Ankara una nuova causa. Gli inglesi bombardano da debita distanza da Cipro, mare e cielo. Anche gli israeliani dal tradizionale Golan occupato non risparmiano bombe, e non sono nemmeno Nato. Sono invece membri Nato i turchi, e non lo sembrano,  mentre passano con incessanti file di camion pieni di soldati e armi, oltre Afrin lungo l’altro versante di nordest dove comincia il kurdistan siriano tenuto dai 140mila dei 3 eserciti curdi (80.000 Peshmerga, 23.000 dell’YPJ e 36.000 dell’YPG).

L’Occidente ha fallito la terza occupazione, l’unione nel casino tra Siria ed Iraq, poi ha mancato la voglia sanguinaria democratica della 5° testa dittatoriale, dopo Saddam, Milosevic, Bin Laden, Gheddafi. Il reclutamento dei ribelli contro Damasco, sul modello dei pasradan antirussidi afghani, trasfomatosi nella minaccia del Daesh ed in una nuova guerra nella guerra è stato il fiasco più totale. Il prossimo fallimento all’orizzonte è l’irredentismo curdo cui si deve in parte la sconfitta del Daesh e cui è stato promesso un suo Kossovo. Questo Kurdistan siriano però bisogna toglierlo alla Siria e farlo digerire alla Turchia che detiene l’unico esercito forte del Mediterraneo orientale e che sul punto curdo rischia di uscire dalla Nato. L’abbandono occidentale si sta profilando in tutta la sua ovvietà. I curdi che vedono sulla linea divisiva con la Siria ufficiale i soliti punti di osservazione, a tre a tre, uno turco, uno persiano, uno russo, hanno già capito che il loro destino dipende da Mosca, da Teheran, dalle loro armi e persino da Assad, se si accontenteranno dell’autonomia.

Un’ infinita serie di errori ha determinato lo stop occidentale nel paese del Grande Gioco che come ricorda Cardini, segnava gli scontri russoturcopersiani per il Caucaso e Medioriente. Era sotto l’egida europea, poi sovietica infine Nato ma ora è perso e torna un fatto orientale. Agli americani dopo vent’anni di Afghanistan e Iraq, che sono lungi ancora dall’essere risolti, non importa più niente. Non importa loro nemmeno della fine di quella linea Sykes-Picot di colonialismo europeo. Non importa se la Russia fa un balzo in pieno Medio Oriente. Con loro, nemmeno a Trump importa. E’ addirittura contento adi vedere il crollo delle politiche Obama-Clinton, il tracollo del mito del gigante buono digitale che aveva permesso la primavera araba, prima ridotto a forte interpretazione dei fatti, poi a debole suggestione fino a ridursi a ridicola panzana, che pure i giornali Usa non hanno mai voluto considerare un fake.

A Trump importa solo di salvare il salvabile, cioè l’integrità Nato con i turchi. Ecco perchè il suo annuncio del ritiro dei duemila del contingente Usa dalla Siria di due settimane fa è una presa d’atto della realtà contro la quale si può fare oggi ben poco. La democracyabroad versione clintoniania, senza armi, senza uomini, solo pubblicitaria ha dato vita ad un circo bellico dove non è mancato nulla, le prove d’arma al massimo livello tecnologico, la massima guerra ideologica, il Grande Gioco; l’irredentismo romantico, la Grande Religione, la guerriglia, il terrorismo, lo spionaggio e controspionaggio, militare ed energetico;  la difesa dei pozzi e degli oleodotti, la croce rossa e la mezzaluna verde ed ogni tipo di volontario, civile, militare, sanitario, archeologico culturale mentre si scalda in panchina l’ambientale.

Ora che la situazione si è semplificata, la mappa siriana resta una tavolozza di colori piena di armati e di sbandati, di bandiere e check points. Il ritorno del Grande Gioco preoccupa perchè l’invasione dal nord della Turchia potrebbe concludere il problema curdo sull’esempio storico armeno. D’altro lato il Grande Circo degli ultimi dieci anni ha prodotto con superficialità, stupidità e leggerezza la tragedia di 10 milioni di sfollati, che non verrà mai processata.

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