Non si placano le polemiche sulla decisione del Governo giallo verde di “legalizzare” migliaia di lavoratori della sanità che esercitano la professione senza alcun titolo.
Con un emendamento voluto dal M5s alla legge di Bilancio, approvata la scorsa settimana al Senato, l’abusivismo sanitario viene di fatto abolito dal prossimo anno.
Chi ha svolto una professione sanitaria per trentasei mesi negli ultimi dieci anni, anche non continuativamente e in modo dipendente o autonomo, potrà continuare a farlo iscrivendosi ad un albo speciale.
L’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva istituito diciassette nuovi ordini professionali in campo sanitario, a cui è obbligatoria l’iscrizione per poter esercitare la professione.
Per professioni sanitarie si intendono quelle infermieristiche, ostetriche, tecniche-sanitarie (come quelle radiologiche), logopedistiche o fisioterapiche.
Migliaia di lavoratori del settore non avevano però potuto iscriversi perché sprovvisti di un titolo di studio riconosciuto dallo Stato, continuando comunque a svolgere la propria attività, anche a rischio di incappare in una denuncia da parte dei Nas dei carabinieri per violazione dell’art. 348 cp.
Dal 1998, infatti, per esercitare una professione sanitaria è necessario il possesso di un diploma universitario. I primi corsi furono attivati dall’anno accademico 2001/2002. Una legge del 1999 aveva però riconosciuto come equipollenti ai diplomi universitari gli attestati ottenuti con i corsi triennali specialistici o regionali organizzati prima della riforma. Furono inclusi in questa legge soltanto gli attestati ottenuti entro il 17 marzo del 1999.
Migliaia di persone cominciarono dunque ad esercitare pur avendo un titolo di studio che non era stato riconosciuto.
Tra le motivazioni presentate dai proponenti dell’emendamento c’è quella che il licenziamento di questi professionisti sprovvisti di un titolo equivalente a quello universitario comporterebbe delle nuove spese pubbliche sia per le liquidazioni che per le nuove assunzioni. Una motivazione che ha suscitato più di una perplessità perché potrebbe essere riproposta per molte professioni regolamentate tramite l’iscrizione ad un albo.
Le persone interessate dalla sanatoria del M5a sarebbero circa 20.000, in grande prevalenza massofisioterapisti ed educatori professionali.
Le associazioni di categoria, come detto, hanno criticato aspramente l’emendamento. L’Associazione italiana fisioterapisti (A.I.FI.) è scesa sul piede di guerra chiedendo al capo dello Stato di non firmare la legge di Bilancio. “Manca la previsione di quali titoli di studio permetterebbero tale iscrizione, mancano le modalità di verifica delle reali competenze degli iscritti agli elenchi speciali necessarie per potersi occupare della salute delle persone”, scrivono i fisioterapisti.
La Federazione nazionale degli ordini della professione di ostetrica ha rincarato la dose: “Appartenere a un albo non è una semplice iscrizione, ma significa dover dimostrare al nostro Sistema nazionale, e quindi alla collettività tutta, di possedere una serie di requisiti: un percorso formativo di base e di specializzazione nel settore sanitario, di aver acquisito competenze e abilità, di aver superato esami e prove”.
Sabato prossimo, salvo colpi di scena dell’ultimo momento, è previsto il voto finale della Camera.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.