RomaPost. C’è una città grande, di nobili origini. Sta poggiata tra boschi su un litorale piano dove il mare ed il fiume si baciano e fruttuosi sono i commerci e le risorse dei flutti. L’aria profumata e benevola attirò l’omaggio degli Dei fin dal tempo che l’Oriente di Troia calante rinacque nell’occidente della Ilio sorgente. Ora però le magie psicopolitiche l’hanno chiusa negli incubi della polipsichica e psicotica, calpestandone con piedi sudici la polpa e il liquore. Ed Ostia, il Porto repubblicano, la città giardino, è divenuta per sempre maledetta.
Lido di Roma
Il leggendario quarto e ultimo sabino Re di Roma, Anco Marzio o Marcio si chiamava così per il braccio rattrappito, dall’etrusco Anxe, latinizzato in Ancus.Nel 633 a.c. costruì la via Ostiense fino all’ingresso del Tevere in mare a 16 miglia dall’Urbe, e lì una prima colonia romana sulla foce – Ostium- del biondo fiume per il presentimento che le ricchezze ed i viveri di tutto il mondo sarebbero stati, un giorno, ricevuti lì,. Allora il Tevere o Tyrrhenus o Thybris, in etrusco Teperi o Thepriu era il dio Tiberinius che ad un tempo soddisfaceva la sete ed il trasporto di terre, bestie, merci e uomini, ed insieme segnava il confine tra Etruria, a nord e Latium vetus a sud. Al 330 a.c risale il Castrum, cinto di mura. Per essere lo scalo marittimo di Roma, Ostia dovette attendere la Questura Ostiense, nel 266 a.C; nel secondo secolo d.c. fu porto militare e poi porto franco, esonerato dai tributi, lo sbocco finale, non riparato, in mare aperto di una serie di attracchi che andavano dal Porto Tiberino agli Horrea di Testaccio, all’Emporium e Ripetta, che riceveva decine di migliaia di navi cariche del grano della Sardegna. dell’Egitto, dell’Africa, della Sicilia, della Spagna, che a fatica veniva poi ricaricato in imbarcazioni fluviali. Il Lido di Roma divenne una delle città portuali dell’antica Roma come Pozzuoli, Terracina e Pola, ornata dall’erezione augustea del tempio di Roma e Augusto, testimonianza della grande propaganda imperiale.
75mila
Raggiunti i 50mila abitanti, questa parte dell’Urbe si fece suo centro commerciale, un luogo di negozi e depositi lungo strade fiancheggiate da colonne, dove lo shopping veniva portato da una facoltosa clientela multirazziale poi in eleganti case ad atrium e peristilio con tutti i servizi fognanti. Finchè le necessità fecero sostituire il Porto di Ostia con i nuovi bacini chiusi del porto di Claudio del 64 d.c, e del secondo porto riparato di Traiano del 112 d. c. Durante il II ed il III secolo, la cittadina prosperò ugualmente fino ai 75mila abitanti. con la ricostruzione del 161 d.c. degli imperatori Adriano e Antonino Pio, con l’ingrandimento del 217 d.c., sotto i Settimio Severo e Caracalla, del teatro di Ostia e della piazza delle Corporazioni con il Tempio di Cerere ed i mosaici riportanti i nomi delle più importanti società di commercio. Nel IV secolo le incursioni barbariche avviarono la decadenza ma Ostia divenne sede episcopale con la piccola cattedrale dove era stata sepolta santa Monica madre di sant’Agostino morta in una locanda in attesa di imbarcarsi per l’Africa del Nord. Pian piano il riporto dei detriti del Tevere allontanò l’ex porto di 4 km dal mare. Distrutta nel IX secolo si ritrovò su una costa alluvionale piatta e paludosa, soggetta a malaria, estesa da Piombino a Terracina, abbandonata da Dio e dagli uomini.
Ostia Nuova
Il progetto della bonifica moderna creò l’esperimento dirigista di organizzare l’immigrazione di braccianti, dall’Emilia e dalla Romagna, come sarebbe poi avvenuto anche per la palude pontina. Il governo Depretis nel 1884 subappaltò i lavori all’Associazione Generale Operai Braccianti del Comune di Ravenna. Vi era intanto l’idea della città giardino sognata dall’Associazione fra i Cultori di Architettura, divenuta la teoria del Piano Regolatore del 1910. Le dune vennero spianate per ottenere una fascia pianeggiante e creare il lungoare dove Piacentini costruì dell’Ospizio marino l’ospedale tubercolosi – Colonia, Vittorio Emanuele III nel ’16. In quell’anno il villaggio di pescatori del Lido cambiò nome in Ostia, secondo la decisione della Giunta capitolina, prima ancora che venisse costruito alcunchè, Infatti la realizzazione lenta, disordinata e disomogenea, con Casal Palocco e Infernetto sui canali della bonifica, Dragoncello, Lingua, Pescatori e Pantanello, si concluse nel 1950. I Libera, Piacentini, Fasolo, Moretti, Monaco e Botti, con impeto all’americana, un potere assoluto senza intralci, senza Tar, senza comitati, diede il via libera alla fantasia, alla creatività, alle teorie architettoniche delle meraviglie del razionalismo e funzionalismo, approfittando delle ferrovia del ‘24 e Via del Mare del ’28 che congiunsero improvvisamente Roma al piccolo sobborgo. Così il Palazzo del Governatore del‘26 di Fasolo, medievale e rinascimentale, attuale sede del Municipio Roma X, il Palazzo del Pappagallo, di Marchi in piazza Anco Marzio alla fine degli anni ’20, i padiglioni ospedalieri eretti nel ‘29 da Fasolo, che concluse la Colonia marina Vittorio Emanuele III nel ’32, dello stesso anno i quindici palazzi di Mazzoni per la Società Immobiliare Tirrena, il futuristico Ufficio Postale di Manzoni, dalle colonne a semicerchio, richiamo dei pini del Parco di Castel Fusano, del ’34, negletto dalla ristrutturazione del 1997, le villette Liberty del centro storico e sul lungomare Caio Duilio di Libera, le case popolari su via della Marina e corso Duca di Genova, la fondazione della località balneare del ’33 con stabilimenti, a partire dal Roma, tra viali e piazze, frequentati dall’aristocrazia e dalla ricca borghesia dell’epoca. Dal passato lontanissimo Ostia riassumeva una nuova grande identità urbanistica autonoma e dal ’33 riprendeva il suo nome romano, Lido di Roma.
100mila
La pausa del dopoguerra dura fino agli anni ’60, poi seguono tre decenni di forte espansione, omogenea a quella della metropoli capitolina, che vede Ostia comgiungersi all’entroterra, innanzittutto alle Acilia, Lingua Aurora, Casalpalocco, Dragoncello e Infernetto, già presenti con Casal Bernocchi, Castel Fusano, Castel Porziano, Centro Giano, Dragona, Macchione Mostacciano, Ponte Olivella di Infernetto, Saline-Collettore Primario, San Giorgio di Acilia, Spinaceto, Stagni di Ostia, Tor de’ Cenci e Villaggio San Francesco e in un territorio, dell’allora Circoscrizione XIII, forte di 100.000 abitanti. I tentativi referendari di Ostia di staccarsi da Roma (il primo dell ‘89 con esito negativo, il secondo del ’99 senza quorum, il terzo in corso d’opera, ora che gli abitanti sono 240mila abitanti), sull’esempio della Fiumicino del ’92, non vennero prese bene al Campidoglio. La nostalgia per l’Ostia magnifica dell’anteguerra era malvista durante l’acme antifascista. Poi tutto il litorale visse in anticipo le immigrazioni dei giorni nostri. Frutto del disgelo sovieticoamericano, il via libera all’emigrazione ebraica, spesso foglia di fico per una più generale, vide arrivare tra Santa Marinella, Ostia, Torvajanica e Ladispoli, in molte ondate un milione e mezzo di sovietici, tra ’70 e ’80, diretti a Iraele ed Usa. I viaggi dovevano passare da un paese terzo, individuato nell’Italia che plaudì al bell’atto del comando di disgelo, nella malsopportazione del territorio, dove pure si trova la Sinagoga più antica del Mediterraneo. Il mare di Ostia, divenne il Mar Nero, le sue piazze tante Piazza Rossa, gli scantinati tanti garage abusivi ( ed in uno di questi c’era la sede del PCI), i negozi abusivi, le case in cortina locali subaffittati a nero a diverse etnie, le strade un mercatino di vu cumprà ante litteram di cianfrusaglie, un contesto che attirava anche dall’urbe, ulteriori arrivi di zingari abruzzesi, sedicenti studenti africani. Le opinioni e gli scritti sull’ampio territorio ostiense si fecero più malevoli, più diffidenti.
PPP
Ad Ostia ci sono tre monumenti a Pier Paolo Pasolini; uno dello scultore Gizzi dell’83 in piazza Gasparri, una stele marmorea rosso chiaro del ’93 in piazza Anco Marzio di Consagra, infine quello di Rosati all’Idroscalo del 2005. Dovrebbe nascere un museo pasoliniano nella Tor San Michele presso l’Idroscalo. Piazza Gasparri è luogo di spaccio, di vita del sottoproletariato capitolino, dei ragazzi di vita raccontati e amati dall’autore bolognese. Nei suoi racconti si divertono e trovano refrigerio sul fiume ed anche, come molti romani, sul mare di Ostia, ma non sono originari del litorale romano. PPP si era occupato di Ostia solo con la sceneggiatura del film omonimo del ‘70, un favore al fratello Sergio dell’attore feticcio pasoliano Franco.. Lo sono divenuti la mattina presto, alle 6,30, della domenica del 2 novembre 1975 quando PPP venne trovato insanguinato, martoriato e ucciso in uno squallido spiazzo dell’Idroscalo di Ostia, ben lontano dal suo centro, più verso Fiumicino. Fu però subito come se l’avessero ucciso gli abitanti di Ostia, quelli che avevano nostalgia del regime, quelli che non sopportavano gli immigrati slavi, quelli che volevano staccarsi da Roma. PPP, il più grande scrittore ed autore del dopoguerra, era malsopportato dalla maggioranza silenziosa ed adorato dal mondo intellettuale e culturale italiano ed internazionale. Un Grande intellettuale non poteva morire come un cane nei litigi tra clienti e prostituti che pure era noto frequentasse. La ricerca dei mandanti, attività specialistica in cui era versata una forte componente dei media, individuò gli assassini in squadre fasciste ed i mandanti nell’Iri lottizzata; quindi si diede trovare le pezze giustificative.
Ostia criminale
L’attenzione per il luogo della morte dipinse Ostia come un groviglio di criminalità e di usura. Per disegnare una Ostia squallida e criminale, filamenti solidi come la bava vennero esaltati per collegare la Banda della Magliana, scomparsa vent’anni prima, ai delitti Frau e Salomone. I ladri di polli di Testaccio, divenuti i grandi delinquenti della Magliana, divennero nella leggenda la banda di Ostia. Ostia maledetta mafiosa, così hanno poi deciso stampa, media e TV in uno di quei cori che trapassa le distanze politiche e fa cantare a tutto il coro il medesimo spartito. Tanto a ripetere una storia la si fa diventare vera. Ci si concentrò sugli stabilimenti di Ostia, trionfo dell’abusivismo, del caporalato e dell’incrocio tra mala e bella vita. Si parlò di controllo del territorio di camorra. L’isterismo salì alle stelle con l’arrivo in Campidoglio, di un sindaco di destra, Alemanno, pensando al Porto Turistico, inaugurato nel 2001, proprio nella zona di pasoliniana memoria, dipinto come oggetto di favolose cupidigie mafiose per investimenti miliardiari che poi non ci sono stati. Fatto è tutta Roma ha queste caratteristiche incarognitesi con gli anni. Molte zone di Roma, San Basilio, Tor Sapienza, Ponte di Nona e Tor bella Monaca, Centocelle, Corviale, Cornelia sono più cupe, più deprimenti, più oscure di Ostia. Di famiglie zingare e gruppi criminali che esercitano il recupero crediti ce ne sono molti nella Capitale, legati al sottobosco criminale dello spaccio che si è già impadronito della proprietà di tanti locali, bar e ristoranti, luogo della Micronesia del riciclaggio. Gran parte della costa italiana e dei suoi stabilimenti sono zona grigia. La Capitale, anche in tempi depressivi, è tutto un susseguirsi di soldi e progetti, investimenti ed interessi, danari puliti e sporchi. Che invece solo a Ostia sono mafiosi. Finchè l’ennesimo processo per corruzione volle trovare la Mafia Capitale e sciolse per infiltrazione solo il municipio del litorale già retto dal Pd. Un mostro giuridico giudicava il braccio in cancrena e sano il corpo. In questo contesto gli abitanti, non solo i commercianti padroni di Ostia, hanno percepito tutte le commemorazioni pasoliniane, tutte le descrizioni a loro carico come un attacco ostile.
Zingaro, squadrista, mafioso, fascista
Alle elezioni comunali, non potendo votare alle politiche, gli ostiensi espressero protesta per il modo in cui venivano trattati e votarono CasaPound per più del 20 per cento dei voti, proprio quella CasaPound, dicharatasi fascista che ha ottenuto crescenti consensi nelle aree più periferiche e degradate di Roma; ed anche a Ostia, dove ha organizzato la distribuzione di pacchi di cibo alle famiglie più povere. Come il presidio di Sant’Egidio, CasaPound è presente da molti anni. Le ricerche non si fermarono al sospetto di fascismo, fra l’altro acclarato. Cercarono la mafia e la trovarono nei membri e amici della famiglia Spada che avrebbero presidiato i seggi a Nuova Ostia. Gli Spada sono, prima che mafiosi, zingari sinti abruzzesi, presenti a Roma da più di mezzo secolo. La loro famiglia è un clan come lo sono quella di tutti gli zingari. Gestiscono palestre a Nuova Ostia ed all’idroscalo, gratuite per alcuni giovani del quartiere. Aiutano famiglie zingare in difficoltà, con la mentalità della realtà dell’ultraperiferia romana fatta di case popolari, buche, fanali spenti ed immondizie non raccolte. Una realtà comune agli zingari romani. Invece solo dove ci sono gli zingari di Ostia c’è un clima di paura, omertà e intimidazione. Con loro non valgono le solite pruderie giustificative di cortesia che i media di solito dedicano agli zingari. A ringraziare la sorte mediatica avvenne un gesto violento altamente simbolico. Allo Spada, punzecchiato da mille domande tutte uguali e senza premure, scappò una testata ad un giornalista Rai, e fu subito delitto di lesa maestà giornalistica. In altri momenti le sensibilità della non discriminazione si sarebbero ritirate davanti all’etnia; in altri momenti il danno del giornalista precario mandato allo sbaraglio, maltrattato in redazione e schiacciato dai vip non sarebbero stati oggetto d’attenzione. Maltrattamenti in Campania di giornalisti in diretta non ebbero reazioni istituzionali. Se il metro fosse il medesimo nei confronti di tutti gli insediamenti rom, si assisterebbe ad un nugolo di arresti e condanne.La testata di Ostia ha provocato il carcere, la condanna rapida a 6 anni, poi l’associazione mafiosa mancata dal processo principe, in un paese dove si paga molto meno per l’omicidio e per stupri collettivi. Se si deve dimostrare un principio, la mcchina di solito lenta e sgangherata, va come un bolide da Formula Uno. Lo Spada zingaro incensurato era divenuto la prova provata della presenza dello squadrismo e del camorrismo. Eppure la Direzione Distrettuale Antimafia non considerava gli Spada nei rapporti antimafia. L’aggravante del metodo mafioso è comparso solo da due anni sul litorale romano. Nessuno prima mai a Ostia era stato condannato per associazione mafiosa e da anni non si registrava un omicidio. Giornalisti e 5 stelle hanno manifestato per questo trionfo sulla mafia. Ora le ricerche scaveranno fra gli antenati degli Spada, dei Triassi, dei Fasciani, le famiglie criminali ostiense ed indistintamente fra quelli di Casa Pound per trovare altri colpevoli della morte di PPP. Perché è la morte del Grande Poeta, la colpa di Ostia che la fa maledetta. Comunque grande.
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Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.