Chi viaggia può utilizzare una mappa e nel caso si perda, chiedere aiuto al passante. Costui può dare indicazioni con discrezione, oppure, come avviene in parti del Paese, intromettersi sui motivi e sugli appuntamenti legati alla destinazione cercata. Tutto questo non c’è più da quando su un pratico schermo la soluzione digitale offre in qualunque momento l’indicazione della destinazione per anagrafica tematica e civica, il percorso ed i mezzi utili migliori per raggiungerla, con tanto di vision geografica, geotermica e fotografica.
Questa soluzione digitale, senza darlo ad apparire, è alquanto impicciona, perché registra e ricorda il tragitto richiesto ed anche la posizione effettiva iniziale ed effettiva grazie al segnale cellulare ed al Gps. Dopo neanche molto tempo, sarà archiviato, chissà dove, l’insieme degli spostamenti dell’utente, le sue abitudini di viaggio e di passeggiata, i suoi luoghi consueti di lavoro, di riunione. di acquisto, di divertimento, di raccolta con familiari o amici e amiche, momenti innocenti e meno. Man mano che il servizio si è reso più completo, più ricco, più sostitutivo di qualunque altro aiuto d’indicazione, si è alzata la preoccupazione per la privacy dei dati, cioè della vita dell’utente. Sono stati offerti, da Authority nazionali ed europee e da norme e direttive rivolte al mercato, muri di fuoco e filtri all’utente per la sua protezione, per non collegare spostamenti alle identità di comunicazione di posta, alle identità bancarie e social, alle identità aziendali e via dicendo, mentre solenni giuramenti sono stati richiesti a tutti i soggetti di mercato implicati nella conservazione di tutti quei dati, secondo una filiera lunghissima ed ipervariegatadi affidi di primo, secondo, terzo, n livello.
A prendere sul serio tutte le implicazioni protettive, tutti gli accessi ed autorizzazioni, tutte le specifiche identificazioni, ogni volta di livello diverso, con l’intervento di strong password, Otp e invio di codici sbloccanti su altra piattaforma identificativa (ahi, quindi connessa ad un diverso tipo di account, come quello telefonico) l’utente non avrebbe risposte immediate a domande estemporanee, quando c’è fretta, si è in ritardo e non si sa come arrivare tra traffico, sensi unici e lavori in corso. La stragrande parte degli utenti, contando sulla propria non rilevante ricchezza, non particolare frequentazione, non straordinaria vita, rinuncia ad ogni protezione, ritenendosi di poco interesse. Collega tutte le piattaforme consegnandosi loro corpo e anima pur di avere accesso, utilizzo e risposte immediate e rinuncia di fatto alla privacy.
Tanti sono i dilemmi che oggi il cittadino si vede porre per potere rimanere tale. Il libroCittadini ai tempi di Internet diAlfonso Fuggetta ricorda che tra gli effetti dello tsunami digitale e della convergenza tra media, industria, finanza, commercio, education tutte create, gestite e diffuse con strumenti e macchine dialoganti tra loro in un unico tecnoambiente, c’è il fatto che fuori dal digitale non ci sono cittadini maturi e tra qualche tempo non ci saranno forse cittadini tout court.
Finora non c’è stato il coraggio di imporre la cittadinanza digitale; si vede avere la carta d’identità ela residenza ma account e Pecnon sono obbligatori, nemmeno per le istituzioni. L’imposizione della fattura elettronica potrebbe far scivolare molti cittadini ed imprese in un’area grigia di non apparente esistenza. Finora il digitale ha prevalso per consenso del consumatore che ci vede elettrodomestico e balocco, che affascina e riempie la vita con le sue mille soluzioni, poche delle quali usano a massimo profitto le potenzialità del tecnoambiente. Vengono privilegiati i sotterfugi che producono nativi digitali, bulli digitali, esibizionisti digitali, bugiardi digitali che vivono in piattaforme di cui non conoscono origine e content tecnologico. Se fossero state conosciute le modalità di funzionamento delle diverse applicazioni che vanno ricordate sotto il nome di democrazia elettronica, non avremmo avuto l’esperimento di un sistemaocculto, privato, autoreferenziale che ha fatto eleggere molte persone a più livelli.
Fuggetta è ecclettica figuradi informatico, docente, imprenditore e filosofo digitale secondo un modello renano, che sta andando a scomparire. Non è contrario al consenso del consumatore sul quale si regge, al di là delle volontà legislative, l’imperialismo digitale su economia emozioni e menti. Giocoforza gli effetti delle tecnologie finiscono per analizzare la sociologia della Rete in cui devono nuotare milioni mai preparati ad affrontare il mare. Appare necessario, come fu l’istruzione obbligatoria, un sostegnopolitico pubblico per il cittadino che deve conoscere i significatireconditi dello schermo che non smette di fissare. Non chiamatela cultura digitale, perché di informatico ha solo una minima parte. Si chiama sviluppo della cultura multitematica. Però è implicitamente pericolosa l’idea di una cittadinanza fondata sul censo delle conoscenze. E’ una scelta politica il fatto che i cittadini, anche se ignoranti o ignorati dalla nuova aristocrazia digitale che ha tutte le risorse e che prepara, all’oscuro dei più, l’evoluzione della vita del futuro, restino comunque cittadini.
In passato c’è stata l’aristocrazia della forza, quella di sangue, quella dei capitali, quella della finanza. E’ stata opposta loro la società senza schiavi, la società degli eguali, la società senza classi, ora tocca alla società senza password. E’ difficile ma non impossibile pensare ad un mondo digitale che non conservi i dati delle persone; se viene meno una delle principali fonti di profitto, ci può essere il sostegno dell’interesse pubblico; se anche dovesse essere interrotta la convergenza tra i settori più sensibili, quelli finanziari, e gli altri, l’eliminazione della conservazione privata dei dati personali, e quindi dell’uso di marketing delle persone, farebbe venire meno molte necessità di sicurezza e di password, e con queste la gestione eterodiretta delle persone attraverso i loro dati. Da labirinti e cunicoli obbligati l’utente passerebbe ad una prateria dove si possono liberamente trovare ed utilizzare applicazioni. Come nella vita reale tornerebbero distinte le azioni che non richiedono responsabilità formali e quelle che le impongono.
Il digitale è di cultura Usa, con enormi innesti asiatici; ed è campo storicamente progressista. La sua ideadi diffondere grazie alle tecnologie digitali conoscenze e informazioni come mai è accaduto prima ha avuto successo avendo come corollari disparità mai ineguagliate, svuotamento democratico, pericoli enormi per le relazioni socioeconomiche. L’utente o cittadino deve cercare di conoscere non solo il mondo della tigre, ma anche come tagliarle le unghie e, perché no, come ucciderla. Il cittadino può riprendersi la proprietà dei dati, con il suo anonimato, con la sua mancata registrazione, senza password.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.