Perché trentamila laureati scappano all’estero ogni anno?

Attualità

La grande fuga: l’Istat, l’istituto nazionale di statistica, ha pubblicato, a dicembre, un dato inquietante. Quasi 30mila laureati italiani scappano all’estero. Vi sembrano pochi? Considerate che, al di là della retorica sull’emigrazione dei nostri figli, è un enorme spreco di risorse per una nazione che è ricca soprattutto di una sola, grande, risorsa naturale: il talento dei propri figli.

Lo ha ben spiegato il sito di informazione Linkiesta.it, in un servizio dedicato proprio a questo tema, in cui la testata prova a quantificare quanto “costi” la fuga dei nostri ragazzi all’estero. “Il nostro petrolio – spiega l’autore – si chiama capitale umano e siamo come una potenza petrolifera che regala il proprio oro nero anziché sfruttarlo per arricchirsi. C’è chi ha fatto i conti ed è arrivato a dire che l’Italia, facendo scappare i suoi cervelli, ha perso sinora 42,8 miliardi di investimenti privati – leggi: famigliari – in capitale umano. Cui si aggiungono circa 15 miliardi ogni anno di investimenti pubblici regalati ai Paesi in cui i nostri giovani cervelli vanno a lavorare. Roba da far venir voglia di smettere di investire nell’istruzione.”

Ma quanti sono esattamente i giovani che emigrano? 28mila laureati hanno lasciato l’Italia nel 2017, il 4% in più rispetto al 2016. Si tratta di un’emergenza soprattutto perché il nostro Paese è a saldo negativo quando si tratta di attrarre talenti: in Italia ci sono solo 500mila laureati stranieri, il 7% sul totale, contro il 10% della Francia, l’11% della Germania, il 17% del Regno Unito, tutti Paesi che hanno molti più laureati di noi.

Il dramma è che più laureati se ne vanno, meno gente decide di laurearsi. “Anche in questo caso, tutto è perfettamente logico – conclude Linkiesta –: se il mercato del lavoro italiano non assorbe i laureati e se I lavoratori sovraistruiti rispetto alle mansioni che svolgono sono il 20%, uno ogni cinque, che senso ha laurearsi? Domanda perfettamente legittima. La cui risposta sta nelle 65mila immatricolazioni in meno tra il 2000 e il 2015 e nel dato che ci vede all’ultimo posto come numero di laureati tra i 30 e 34 anni: 23,9% rispetto alla media Ue del 38%.”

Ernesto Preatoni (Facebook)

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