I grandiosi risultati sovranisti: siamo in recessione

Attualità

Io ogni mattina guardo il conto della mia azienda e mi interrogo. Che succede? Qua non paga più nessuno. Eppure i soldi li hanno, la volontà di pagare anche e l’opportunità pure. Che succede ai miei clienti? La risposta, ovviamente, è la fatturazione elettronica che sta mandando in tilt le aziende di mezza Italia, con buona pace della Taverna (chissà se è impegnata nel trasloco di sua madre, dopo lo sfratto dalle case popolari). Questa si chiama crisi tecnica: io ho i clienti, loro vogliono pagarmi, ma si mette in mezzo lo Stato e va tutto a remengo. La catena, per fortuna, non si estende ai miei fornitori, ma questa è un’eccezione altrimenti la crisi si allargherebbe.

Certo, non è la definizione scientifica di recessione tecnica. La recessione tecnica si ha quando per due mesi consecutivi la crescita è negativa. Per averne una strutturale si deve avere una crescita annuale inferiore al punto percentuale. Non siamo ancora al secondo caso, ma lasciamoli lavorare. Si stanno impegnando molto, dopotutto. Perché siamo in recessione: per la combinazione di fattori di una situazione globale e nazionale improntata ad un sano sovranismo suicida. È iniziato tutto a Washington. Anche se, va detto, è un inizio complesso da valutare. Mi scuserete, quindi se divago un attimo.

Per 20 anni abbiamo finto che la Cina fosse un’economia di mercato. Non lo è, per quanto lo stia diventando. Dopo 240 mesi, però, qualcuno ha avuto il fondato sospetto che ci stessero prendendo in giro. E che i ritardi fossero, se non voluti, di sicuro non sgraditi al Partito Comunista Cinese. Quindi Trump ha deciso di smettere di considerarli dei partner leali. E già che c’era, ha fatto valere la stessa misura un po’ ovunque. Canada e Messico si sono piegati immediatamente. L’Europa no. Ed è iniziata una guerra dei dazi, che stanno perdendo in due: i cittadini Usa, che hanno prodotti più scadenti che costeranno in prospettiva di più, e noi che esportiamo di meno.

In questo quadro è vitale ridurre la pressione fiscale sugli esportatori per consentire di rispondere al colpo dei dazi. La Germania potrà farlo: ha risparmiato in questi anni, ha portato il debito vero quota 60% del Pil (le metà nostra) ed ora può fare deficit. Non una scelta brillante, ma il mondo reale è questo. Noi invece abbiamo deciso di fare più deficit a prescindere. Per aiutare le imprese che esportano? Manco per niente, anzi. A loro sono stati regalati 6 miliardi in più di tasse. No, noi abbiamo deciso di pagare la gente per non lavorare. Così da aumentare il costo del lavoro, mantenendo intatta la pressione fiscale più alta d’Europa e scoraggiando ogni tentativo di ripresa.

Oltre ad implementare la fattura elettronica che, mannaggia alla Grillo, sta bloccando le amministrazioni delle aziende di mezzo paese, a svuotare di competenze le aziende grazie al decreto dignità ed a dire alla gente che il divano li aspetta. Una mossa geniale, nel lungo inverno economico sovranista. Benvenuti nella recessione più assurda della storia, senza modo alcuno per difendervi.

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