Finalmente tutto il mondo riconosce all’Italia un primato: la cucina. Che poi rispecchia le caratteristiche di un popolo che conosce l’arte del saper vivere e della condivisione spontanea. Nella guerra politica perenne un attimo di pausa con un buon piatto servirebbe a calmare i bollenti spiriti, a integrare le idee, ad essere meno integralisti, con un pizzico d’amicizia. E questo primato è una speranza per chi deve mediare situazioni, creare una visione integrata, ascoltare le ragioni dell’altro, decidere insieme. Senza la rabbia di un Grillo, il rigore a volte assolutista di Salvini, le cricche ondivaghe delle opposizioni, l’inerzia di chi vede solo il proprio interesse. Noi siamo figli della cucina che è cultura. Bella e buona. Una cucina che ha radici antiche, sa trasformarsi nei secoli e con regimi politici diversi, rimanendo portatore di una identità, accettando influenze che hanno arricchito, conoscendo ingredienti nuovi che hanno integrato l’esistente. Per dire quanto sia malleabile e creativo l’italiano, anche chi siede nelle stanze dei bottoni. Una pizza, si offra una buona pizza e poi si inizi a dialogare. Va beh..è un sogno semplicistico che i grandi temi possano essere determinati da una pizza, ma l’idea di appartenere a un popolo che supera l’arroganza spocchiosa della Francia, e i sapori essenziali o forti delle altre nazioni, dà il senso della semplicità, della misura e della creatività italiane. Forse è utile uno scatto di fiducia in noi stessi per le grandi potenzialità che abbiamo.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano