Milano 20 gennaio – Negli ultimi 10 anni oltre 120 mila nati in meno Italia: dati ISTAT – La denatalità ha un impatto significativo sull’attività del pediatra di famiglia, cui viene richiesto maggior impegno assistenziale – Le famiglie sono sempre più ‘dipendenti’ dal proprio pediatra
Secondo il rapporto Istat presentato a fine novembre scorso, nel 2017 i bambini nati sono stati 15 mila in meno rispetto al 2016 e quasi 120 mila in meno rispetto al 2008. Questa tendenza pare confermata anche nel 2018: i dati provvisori riferiti al primo semestre mostrano 8.400 nascite in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Il calo della natalità in Italia sembra aver assunto caratteristiche strutturali.
«Le conseguenze sociali della denatalità sono sottovalutate” – commenta Ketty Vaccaro, responsabile Area Welfare e Salute CENSIS. “Un primo aspetto è strutturale: l’Italia è un paese in declino demografico, con la popolazione in calo per il terzo anno consecutivo. Nel 2017 la popolazione è diminuita di oltre 100 mila unità rispetto all’anno precedente: si tratta di una decrescita con problemi legati alla riduzione della popolazione giovanile e della quota di attivi, che impattano in termini di sviluppo economico del Paese e di sostenibilità del welfare, già messi a dura prova dai lunghi anni della crisi. Pur a fronte di una diffusa consapevolezza – l’88% degli Italiani ritiene che in Italia si facciano pochi figli – appare inalterato un contesto sociale difficile che sposta più avanti nel tempo le possibilità per i giovani di rendersi autonomi e di fare scelte di procreazione. Il 61% attribuisce un ruolo rilevante alle politiche familiari a sostegno della genitorialità, al momento molto limitate e caratterizzate dalla atavica carenza di servizi per la prima infanzia».
«Indubbiamente” – dice Rinaldo Missaglia, Segretario Nazionale del Sindacato Medici Pediatri di Famiglia– “l’insufficiente accessibilità agli asili nido e alle scuole materne in associazione all’assenza delle figure di sostegno extra-genitoriale parentale, in primis la figura dei nonni, ha contribuito alla riduzione del tasso di natalità delle famiglie italiane. Questo scenario vede i genitori colpiti da un crescente complesso di inadeguatezza, ansia, ma anche de-responsabilizzazione, con una conseguente maggior dipendenza dalla figura del pediatra, considerato il depositario dell’offerta delle prestazioni sanitarie specialistiche, qualificate, quasi immediate e a costo zero dal modello della nostra assistenza sanitaria. Per rispondere a questo fenomeno, è necessario introdurre misure che rafforzino la percezione di adeguatezza genitoriale, in particolare nel fornire le cure al proprio bambino, secondo il principio espresso dall’Organizzazione mondiale della sanità per cui ‘l’educazione terapeutica consiste nell’aiutare il paziente e la sua famiglia a comprendere la malattia e il trattamento e a collaborare alle cure’. Occorre riformare l’organizzazione sanitaria secondo i principi di presa in carico e continuità delle cure, fedeli al prevalente concetto di rapporto di fiducia pediatra – bambino – famiglia, valorizzando il ‘patto per la salute del bambino e dell’adolescente’».
A queste due azioni potrebbe associarsi un’ulteriore misura concreta che contribuisca a creare una vera rete della presa in carico del bambino, dalla nascita sino alla maggiore età. «Una misura che, a livello locale, crei una rete tra pediatri di famiglia, centri ospedalieri e altri specialisti, in grado di contribuire, soprattutto nei casi di maggior necessità, a una gestione integrata del bambino, che diventa adulto solo al compimento del diciottesimo anno, come l’Organizzazione mondiale della sanità ricorda. Esistono anche strumenti giuridici, nell’ambito della contrattazione pattizia, cui un sistema regionale potrebbe ricorrere per attuarla. Ciò sarebbe fondamentale anche per affrontare, con le più adeguate competenze del pediatra, le criticità sempre più emergenti della fase di vita adolescenziale, che sono imputabili all’assoggettamento a stili e condizioni di vita inappropriati. Mi riferisco a sedentarietà, errori alimentari, dipendenze dai passatempi elettronici, sino all’abuso di alcol e sostanze – è di questi giorni la notizia della nuova moda che sta prendendo piede tra i giovani di mixare gazzosa e sciroppo per la tosse, per uno ‘sballo’ a buon mercato – fenomeni anch’essi conseguenti a inadeguatezza dovuta a scarsa conoscenza da parte degli adulti di riferimento, genitori compresi, talvolta loro malgrado.
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