Nelle librerie il nuovo saggio del sociologo Luigi Gentili sul passaggio dal capitalismo al globalismo.
di Kurtz Rossi
Il capitalismo giunge al capolinea. La sua fine è stata anticipata già in molti autori del passato, da Karl Marx a Joseph Schumpeter. A causa delle proprie contraddizioni interne il capitalismo implode. L’espansione globale del capitale genera l’autodistruzione del sistema produttivo egemone. La ricchezza, oggi, si crea attraverso le transazioni economiche, e non più attraverso un processo economico monolitico. Nascono le catene globali del valore, i mega centri commerciali, le reti della finanza transazionale. Sono queste le nuove fucine del profitto. Da qui la teoria del
valore-legame, come la definisce il sociologo Luigi Gentili nel suo nuovo libro Economia liquida, edito da Armando editore. Nel globalismo, a differenza dell’ormai antiquato capitalismo, la ricchezza dipende dai legami aperti e fluidi tra una molteplicità di soggetti economici, dislocati su tutto il pianeta: individui, aziende, aree territoriali, città e stati. La prima impressione, osservando il titolo suggestivo del libro di Gentili, è quello di associarlo alla società liquida di Zygmunt Bauman. Magari potrebbe sembrare un completamento dell’opera del sociologo tedesco. Non a caso, nella lunga sfilza dei titoli che contraddistinguono i libri di Bauman non appare mai al primo posto il termine economia. Leggendo però il libro di Gentili si nota che l’accostamento è inesistente. Per Gentili l’impostazione di Bauman appare piuttosto culturalista, trascurando palesemente le tematiche economiche. Queste ultime non possono essere tralasciate nell’analisi sociologica dei problemi sociali, pena la caduta in un vuoto trascendentale. Ecco allora che il globalismo, che per Bauman – come anche per Urlick Beck – è l’ideologia della globalizzazione, per Gentili diventa una formazione sociale, ossia un sistema che ha anche una struttura economica. La sovrastruttura ideologica deve essere necessariamente legata ad una struttura economica specifica. Le due dimensioni sono complementari. Il globalismo non può essere l’ideologia del capitalismo, seppur globalizzato, perché ha troppi tratti contraddittori rispetto ad esso.
Più che da Bauman Gentili sembra prendere le mosse da Karl Marx, attualizzando la sua opera principale, il Capitale. Non mancano tuttavia i condizionamenti teorici di Max Weber e Joseph Schumpeter. Sul versante politico-economico, invece, sono Luigi Einaudi e John Maynard Keynes ad essere interpretati, per proporre una loro integrazione sul versante della politica economica. La formula di riproduzione del profitto, alla base del capitalismo, denaro-merce-denaro (D-M-D) è sostituita da un’altra, denaro-legami-denaro (D-L-D). Il capitale, con il globalismo, di riproduce non con la semplice produzione lineare di merci – come nel capitalismo -, ma con gli scambi economici che sono obliqui e multilineari. Da qui le trasformazione del processo produttivo, sempre più interconnesso e interdipendente, ma anche le mutazioni delle forme di governance. Con il globalismo lo sviluppo economico non può generarsi enfatizzando solo un fattore produttivo, che può essere l’investimento, la tecnologia o il capitale umano. Serve una politica economica nuova, in grado di mettere insieme questi fattori e coniugarli con la capacità di networking. Da qui una nuova formula per la crescita economica, ampiamente esposta nel libro di Gentili. Nel futuro diventano importanti, nel creare sviluppo, le reti imprenditoriali, i territori interconnessi, le città globali e le istituzioni inter-statali. Dato che l’economia corre più veloce della politica, il rischio è di avere istituzioni arretrate, incapaci di gestire il cambiamento. E per questo motivo che la politica economica ha bisogno di un salto paradigmatico, capace di aprirsi ai nuovi scenari dellìeconomia liquida.
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