Sì la Memoria rende liberi, perché cosciente delle aberrazioni dell’uomo

Attualità

Ricordiamo. Con la forza della conoscenza e della volontà. Perché non si ripeta l’incubo discriminante e l’emarginazione dolorosa della persecuzioni.

La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.’ (Primo Levi)

‘Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.’ (Primo Levi)

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli..

 

Primo Levi sopravvissuto ad Auschwitz, pubblicò “Se questo è un uomo” nel 1947.

Un capitolo si intitola Le parole sono pietre e due sono i termini che Liliana più volte ripete e che si stagliano e si scagliano potenti nere su bianco: stupore e indifferenza. Stupore, la cui definizione è “forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e di agire” (fonte www.treccani.it). Qui si parla di stupore per il male altrui. Si fa riferimento allo stupore di una ragazzina ingenua davanti agli orrori compiuti da esseri umani, come lei, verso altri esseri umani. Indifferenza, definita come “condizione di chi, in determinata circostanza o per abitudine, non mostra interessamento, simpatia, partecipazione affettiva, turbamento”.

Presentazione volume sulla vita di Liliana Segre “La Memoria rende liberi”

 

E il sogno ingenuo reciso, di una vita spezzata nel campo di concentramento di Terezin.

La farfalla
L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
l’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno

nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.”    Di Pavel Friedman
nato il 7.1.1921 – morto il 29.9.1944

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