Scrive Repubblica: “Chi insegna in una scuola al centro di Milano o di Treviso – spiega l’economista Gianfranco Viesti, promotore della petizione – potrebbe essere pagato di più di chi lavora, con difficoltà molto maggiori, nelle periferie di Roma o di Napoli, in base al principio che i suoi studenti sono più ricchi”. L’autonomia alla sinistra, specialmente quella bella, che piace alla gente che piace, non va giù. Grazie a questa repulsione a pelle si sono fatti un sacco di amici, quindi la cavalcano. E siccome quando si è lanciati al galoppo i dettagli si sfocano, non ci si può perdere in sottigliezze. E se qualcosa rimane travolto pace. La verità, per esempio, se non si sposta di mezzo poi non può lamentarsi se viene calpestata.
Un insegnante che abbia la cattedra in una scuola di Milano ha qualche piccolo problema. Per esempio, un costo della vita triplo rispetto a quello del collega Romano. O Napoletano. Ha una concorrenza spietata fatta dalle scuole private. Genitori estremamente esigenti. Aspettative di risultato altissime. Certo, nelle scuole disagiate ci sono tanti problemi. Ma, per qualche buffo motivo, in questi esempi ci si dimentica sempre delle scuole nelle periferie Milanesi. Nel complesso di via Bottego credete che si vada a lezione di equitazione su unicorni perlacei? Ed in quelle di San Siro credete che le attività extracurriculari includano battute annuali di caccia alla volpe?
Come se, poi, non ci fossero pure le scuole Romane di altissimo livello. Come se poi, peraltro, il Lazio non fosse in abbondante avanzo fiscale (a livello del Veneto, per capirci). L’intero discorso per cui l’autonomia sarebbe la secessione dei ricchi è delirante. Si basa sulla curiosa idea per cui se la Calabria ha un bilancio sanitario orale, i Veneti avrebbero il dovere di pagare di più. O l’ancor più assurda idea per cui un professore debba guadagnare lo stesso a prescindere da costo della vita, risultati attesi e contesto generale. In nome di un’uguaglianza che appiattisce tutto verso il basso. Anche, ovviamente, la radice di ogni male è molto, molto più profonda.
Ed il cui assunto base è: se vuoi spendere i TUOI soldi sei egoista, se invece vuoi spendere quelli di qualcun altro allora hai perfettamente ragione. Redistribuire è bello, guadagnare è sospetto, l’efficienza sono tutti soldi che potevano assumere qualche usciere in più, il Sud ha bisogno di più soldi per rialzarsi ed a darglieli deve essere il nord. Perché siamo una nazione unita. Quindi, Veneto imprenditore ignorante, taci e paga: qui si laureano la maggior parte degli studenti, con voti più alti dei vostri, che devono avere un posto fisso. A Km zero come i pomodori, quindi basta domanda ed apri il portafoglio. E chiudi la bocca.
Davvero possiamo stupirci se poi la gente guarda all’Italia con un filino di sospetto all’ombra delle Dolomiti? Non sarebbe un filino più produttivo lasciar passare un paio di richieste, tipo quella sulla scuola, che tanto non vede abbastanza professori del Nord e quindi porterebbe ad aumenti di stipendi per gli insegnanti del Sud che si trasferiscono, invece di fare queste barricate ideologiche? No, eh? Vabbeh uno ci prova ad essere razionale. Tanto si incontra sempre il meridionalista di sinistra che ti guarda dall’alto in basso e ti dà dell’egoista. Ed il ciclo ricomincia.
Anche perché ci vuole una dose incredibile di sfiducia nel Parlamento per credere che una cosa del genere venga approvata. Tra qualche anno ci faremo ancora due risate su quella volta che Salvini si era venduto Venezia per Reggio Calabria. Sono pronto ad accettare scommesse.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,