Se la locomotiva d’Italia finisce il carburante

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La mortalità d’impresa risulta invece in aumento: le cessazioni sono state 55.146, in crescita del +2,1%. Il risultato è un saldo solo marginalmente positivo (+695 imprese), il più esiguo degli ultimi 5 anni, che porta l’universo delle imprese registrate a 961.301 unità, mentre considerando solo le imprese attive lo stock scende a 816.088 posizioni, stabile su base annua. Sembra quindi esaurita la lieve fase espansiva che ha caratterizzato il tessuto imprenditoriale lombardo dopo il 2014 e che ha consentito di recuperare in quattro anni più di 3mila posizioni attive; ne mancano però ancora 14mila rispetto al livello massimo raggiunto nel 2008.”

Così in una nota stampa Unioncamere. Perché tutto questo è più importante dell’annuncio di Conte sulla recessione tecnica? Perché la propensione al rischio delle persone è quello che dal fosso ti fa uscire. Questo assomiglia molto all’inizio della tempesta perfetta: il contesto internazionale peggiora, internamente siamo in mano a dei geni del male e in basso, dove le forze per la ripresa si concentrano, manca la voglia di rialzarsi. È un paese in perfetta sintonia interna ed esterna: è fermo, e sta decidendo in che posizione stia più comodo. Non ci pensa nemmeno a rialzarsi. Non lo concepisce nemmeno.

E se la situazione è questa a Milano, nel resto d’Italia possiamo ipotizzare sia molto peggio. La situazione ci sta sfuggendo di mano, a livello simbolico e culturale. Che è peggio di ogni analisi tecnica e numerica. Non ci vediamo più come una potenza. Né grande, né piccola. Salvini ha successo perché parla di numeri che la gente comprende: 47 migranti, 600 mila, un milione. È la stessa cosa. Pil positivo, negativo, stagnante: non cambia nulla. Ormai l’unica cosa che si pretende è di avere qualche piccolo privilegio. Un brandello di bottino da poter definire mio. E questa mentalità porta a non rischiare più in proprio. A non ingrandirsi.

Volete la riprova? Questi i dati sulle imprese straniere:

Il contributo positivo delle imprese straniere si conferma significativo ma in rallentamento (+2,3%), con una crescita che, a differenza degli anni scorsi, risulta più intensa per le attività gestite da imprenditori nati nei paesi dell’Unione Europea (+2,8%) piuttosto che per quelle controllate da persone di origine extracomunitaria (+2,3%), che rimangono comunque la grande maggioranza.

Nemmeno più gli stranieri ci credono. Vedete voi…

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