Non tutti i populisti sono uguali

Attualità

Questa è una tragedia in tre atti, direbbe Saviano. Questo un poema epico in tre parti, direbbe Di Maio. No, scherzavo non sa nemmeno cosa sia un poema epico. Però se lo sapesse, lo direbbe. Questa è una commedia in tre episodi, direbbe il mondo. Che sta seduto sull’orlo del baratro ridendo insensatamente e mangiando pop corn osservando il sorgere del populismo. Però, nemmeno sulla scena, tutti gli attori sono uguali. E così, qualsiasi cosa stiate ammirando in questi giorni di fine inverno, andiamo a presentare le tre vicende. Sperando che gradiate lo spettacolo. Perchè quello che verrà dopo potrebbe essere molto peggio.

Il primo ad entrare in scena è Donald. Trump. Presidente degli Stati Uniti e grande profeta del populismo. Oggetto di odio, in molti casi ingiustificato, è famoso perché fino a qualche settimana fa non si era mai fermato davanti a nulla. Ecco perché, quando ha accettato di piegarsi pur di finire la serrata del governo e tornare a pagare i dipendenti pubblici, sacrificando il Muro al confine col Messico, questo era stato un terremoto. Intendiamoci, nulla di nuovo sotto il Sole. Ma per lui è stata una coltellata alla schiena. Una ferita simbolica forte.

Cui ieri ha posto rimedio. All’improvviso, senza che nessuno se lo aspettasse, rischiando tutto ha gettato il cuore oltre l’ostacolo: stato di emergenza nazionale. Il Muro si fa. Al diavolo diplomazia, Parlamento, democratici. Al diavolo il suo partito, i moderati, Paul Ryan. Bruci Washington, la Palude come la chiama lui. Ma Donald non si piega. Una promessa ha fatto e quella promessa manterrà. E’ la scelta più saggia? Non è questo il punto. Il punto del populismo è che se prometti, fai. Anche se questo devasta tutto.

Il secondo che vediamo sul Palco è Giggino detto Di Maio, alla De Luca di Crozza. È un ragazzo semplice che vuole solo un referendum sull’Euro. A cui voterà sì. Ma ecco, d’improvviso via le luce. E’ Luigi, detto Giggino, detto Di Maio. È un politico di opposizione. È affermato. Vuole un un reddito universale di 780 euro per tutti. Ed al governo lui lo realizzerà. E chissenefrega dell’Unione Europea, del deficit. Luci. Ecco sul Palco Luigi Di Maio. È sorridente. Giura da Ministro. Inizia il suo lavoro. Luci.

Luigi è preoccupato. Vuole sforare il 3%. Ma poi evita. Vuole almeno il 2,4%. Fallisce. Ripiega sul 2.04. L’Europa è troppo forte per lui. Il suo populismo troppo debole. Il Reddito di cittadinanza non sarà per tutti. Non sarà di 780 euro, molto spesso. Non ci sarà alcun referendum sull’Euro. Tutti amiamo l?Europa, che deve essere riformata. Se non è troppo disturbo. E non dà fastidio a nessuno. Sempre ce lo facciate fare. Luci. Sul palco non c’è più nulla. Finita la coerenza, sparito il populismo.

Nuova scena. Sul palco c’è una ragazza Sudamericana. Si chiama Ocasio Cortez. È il nuovo populismo che avanza. Da sinistraa. È felice. Ha vinto la sua battaglia. Amazon perde in borsa. È merito suo. Non aprirà a New York la sua nuova sede. E non assumerà 25 mila persone a 150 mila dollari l’anno. Alexandra è raggiante, ha sconfitto la multinazionale cattiva. A casa sua nessuno sarà sfruttato dalla Bestia. E i poveri resteranno tali, innocenti, non corrotti e pronti al socialismo. Quindi derubiamo Bezos, prima che lui si azzardi a pagare la gente ed a corromperla, togliendola dalla povertà.

Sipario. Sullo spettacolo. Su populismi molto diversi. Ma se oggi l’America cresce, ha abolito la disoccupazione, ma sta creando una situazione insostenibile nel commercio mondiale. L’Italia è ad un passo dal tracollo. Ed Alexandria sa che il domani le appartiene. Il pubblico esce e torna a casa. Finché gliene rimane una.

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