Il Fisco pretende tributi già annullati? Va condannato

Attualità

Se il Fisco invia ai contribuenti atti palesemente illegittimi, il giudice deve non solo annullarli ma anche provvedere alla condanna dell’Ufficio al pagamento delle spese.

Ciò è quanto sancito dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano che, con recente sentenza, ha accolto le richieste del contribuente condannando il concessionario della riscossione – ex Equitalia ora Agenzia delle Entrate Riscossione – a pagare oltre 3.000,00 euro a titolo di spese legali  (sentenza n.4587/22/2018).

Come spiega l’Avv. Matteo Sances, difensore del contribuente “il concessionario della riscossione continuava a richiedere il pagamento di tributi con un’intimazione da oltre 50.000 euro, nonostante gli stessi fossero già stati annullati con precedente sentenza passata in giudicato. Il contribuente, quindi, inviava svariate diffide al concessionario senza tuttavia ottenere risposta e dunque proponeva ricorso all’Autorità giudiziaria competenteNel corso del processo, l’agente della riscossione riconosceva l’errore e, in considerazione di ciò, i giudici di primo grado dichiaravano la cessata materia del contendere e la compensazione delle spese.

Avverso la predetta sentenza abbiamo proposto appello perché non ritenevamo giusto che, pur avendo lo stesso concessionario riconosciuto il grave errore commesso, i giudici non avessero provveduto con la condanna al pagamento delle spese che finalmente è arrivata in appello”.

Infatti, in accoglimento dell’appello, i giudici di secondo grado hanno rilevato che la mancata condanna alle spese può essere disposta dal giudice “soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere motivate”.

Nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici tributari”, invece, rileva ancora l’Avv. Sances “risultava evidente l’insussistenza della soccombenza reciproca, stante l’illegittimità delle pretese che risultavano già annullate da altri giudici e che venivano richieste nuovamente al contribuente. E’ evidente, dunque, l’assoluta mancanza di quelle gravi ed eccezionali ragioni che potevano giustificare la compensazione delle spese”.

Ci si augura, dunque, che questa sentenza possa servire come monito agli uffici fiscali e magari incentivare un rapporto di maggiore collaborazione e trasparenza tra Fisco e cittadini.

(La Redazione ringrazia l’Avv. Matteo Sances per i preziosi chiarimenti forniti.)

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