Ricordare le donne dimenticate che subiscono coercizione per danaro, usanze incivili, regole barbariche è doveroso. E se anche attiene ad un modo di concepire la convivenza, maschilista e fortemente egoista, le donne schiavizzate lottano per l’evoluzione e la civiltà. E forse un grazie per tante eroine va detto a gran voce.
I dati sono tratti da un’inchiesta di IN TERRIS:
Le mutilazioni genitali
In alcune zone del mondo, soprattutto in Africa, esiste ancora la pratica della mutilazione genitale femminile. Le parti intime delle bambine – solitamente di età compresa tra i 3 mesi e i 15 anni – vengono tagliate e cucite. Senza questa pratica non sarebbero considerate pure e chi rifiuta di farlo viene allontanata dalla propria comunità. Con l’infibulazione, la vagina della bambina viene chiusa per circa la metà, lasciando solo un foro per l’urina e uno per il flusso mestruale. Al momento del matrimonio la cicatrice viene tagliata per permettere il rapporto sessuale e il parto. Dopo ogni parto, una nuova infibulazione. Secondo i dati più aggiornati dell’Organizzazione mondiale della sanità, sono tra 100 e 140 milioni le bambine o adolescenti, nel mondo, che hanno subito una forma di mutilazione genitale. L’Africa è il continente in cui il fenomeno è più diffuso, con 91,5 milioni di ragazze di età superiore a 9 anni vittime di questa pratica e circa 3 milioni di altre che ogni anno si aggiungono a questa cifra.
Il dramma delle spose bambine
Un’altra piaga mondiale è quella delle spose bambine. Il loro destino, a volte, è già stato deciso sin dalla nascita. Con il matrimonio, che non ha nulla a che vedere con il vestito bianco e i fiori d’arancio per coronare un sogno d’amore, vengono private di un’infanzia normale. Il 4 gennaio 2018, in Turchia, l’autorità pubblica per gli affari religiosi ha dichiarato lecita la pratica delle spose bambine, a patto che abbiano raggiunto la pubertà. Nonostante la legge turca vieti il matrimonio sotto i 17 anni, le stime parlano di 181mila spose under 16 in Turchia. Il Paese, con il 14% di matrimoni precoci, risulta oggi al secondo posto in Europa, subito dopo la Georgia che ha una percentuale del 17%. Nelle zone più sottosviluppate e rurali, come nella provincia di Şanlıurfa, la percentuale di queste unioni sfiorerebbe addirittura quota 60%.
Streghe perché donne
Oltre a dover subire torture e violenze, le donne molto spesso sono vittime delle superstizione. Ci sono Paesi dove, specie nelle regioni più remote, molti non accettano cause naturali, sfortuna o malattia per spiegare incidenti o morti. In Papua Nuova Guineanon è raro che donne – ma anche bambine – vengano torturate e uccise perché ritenute delle streghe. Come ha denunciato Amnesty International la gente del luogo, molta della quale crede alla “saguna” la stregoneria locale, pensa di scacciare gli eventi negativi attraverso l’uccisione di coloro che ne vengono ritenuti responsabili. Nell’aprile del 2014 sei persone, due delle quali bambine di appena cinque anni, sono state massacrate da una folla inferocita. L’anno prima, nell’isola di Bougainville, due donne anziane sono state decapitate perché bollate come streghe. Questo fenomeno è presente anche in Africa dove, secondo un report del Legal Human Rights Center (Lhrc), nei primi mesi del 2017 sono state 155 le vittime di uccisioni collegate alla stregoneria. Un problema concreto anche in Tanzania, dove nel 2017, cinque donne accusate di essere streghe sono state linciate dalla folla e poi date alle fiamme.
Traffico di esseri umani: prostituzione e riti voodoo
Ci sono casi in cui le donne, non solo sono accusate di compiere rituali, ma a volte ne sono vittime. E’ il caso delle ragazze, per la maggior parte nigeriane, che vengono costrette a prostituirsi dopo essere state sottoposte a dei riti voodoo. Non si tratta di un elemento folcloristico, ma ha una funzione coercitiva ed è determinante per condurre all’assoggettamento schiavistico. L’antropologo olandese Rijk Van Dijk, nei suoi studi, spiega che prima di lasciare la Nigeria, i trafficanti conducono le donne in antichi santuari dove i ministri eseguono rituali che possono includere il mangiare cuore di pollo, il taglio superficiale del corpo con i rasoi e la decapitazione di capre. Terrorizzate dall’idea che presunti influssi malefici possano ricadere su di loro e sulle rispettive famiglie, le ragazze vengono costrette a prostituirsi sulle strade italiane ed europee. Si ritrovano così in una condizione di totale schiavitù, private della loro dignità e costrette a vendere il proprio corpo in cambio di denaro che andrà a rimpinguare le casse di racket criminali.
Il giro di affari dello sfruttamento sessuale
Con i suoi 99 miliardi di dollari di fatturato a livello mondiale, lo sfruttamento sessuale, del resto, rappresenta la fetta più grande di un giro d’affari totale (quello della tratta appunto) che il Gruppo d’azione finanziaria internazionale – in un rapporto basato su dati Onu – ha calcolato in 150,2 miliardi di dollari nel 2018; con un impennata di quasi il 200% in soli 7 anni. Secondo il report Undoc delle Nazioni Unite, le donne in età adulta sono vittime del fenomeno nel 49% dei casi, mentre i bambini (compresi i minori di sesso femminile) lo sono nel 33% dei casi. Nel settembre 2015 la Direzione generale di statistica del ministero della Giustizia ha pubblicato un’indagine statistica su un campione rappresentativo di fascicoli definiti con sentenza relativamente ai reati ex art. 600, 601 e 602 del codice penale (rispettivamente “riduzione in schiavitù”, “tratta di persone” e “alienazione e acquisto di schiavi”). Dall’indagine statistica emerge che la vittima tipica dello sfruttamento corrisponde al profilo di un/una giovane, di età media di 25 anni, nel 75,2% dei casi è di sesso femminile, di nazionalità estera, principalmente rumene (51,6%) e nigeriane (19%), in alcuni casi sposate (13,6%) o con figli (22,3%).
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