Gli esponenti del Pd Martina, Fassino, Fiano hanno
recentemente puntualizzato in una pubblica lettera che il il Pd è membro del Partito socialista europeo (Pse) mentre non è affiliato alla Internazionale socialista, generalmente dedita a pratiche come il boicottaggio di Israele. Infatti dell’IS fa parte il solo Psi, presente in Senato con l’unico esponente italiano, che ne è anche il segretario. Sarebbe, secondo i suoi membri (ma solo per loro), il partito erede, da quando ne ha preso il nome nel 2007, del Partito socialista Italiano sciolto nel ’94, quello che viene comunemente considerato il partito di Craxi, perchè ne fu l’ultimo epigone anche se non l’ultimo segretario.
Il Pse non è l’originario gruppo internazionale dei socialisti, frantumatosi con il voto dei socialdemocratici tedeschi a favore della partecipazione alla prima guerra mondiale, è molto più recente, risalendo al 1992. E’ l’erede di quella Confederazione dei Partiti Socialisti della Comunità Europea (più laburisti britannici ed irlandesi) nata nel ’73 con evidente esclusione dei comunisti. L’attuale Pse nacque dopo il tracollo dell’Urss, dei comunisti russi e dei seguaci europei che in una sorta di forche caudine, dovettero cambiare nome. Anche il sindacato europeo (Ces o Etuc), prima diviso tra unions socialdemocrtiche e comuniste, si riunì, concludendo il processo nel ’99 ad Helsinski.
In quel ’92 Craxi socialista e Vizzini socialdemocratico
introdussero nell’organizzazione internazionale l’ex piccista Occhetto, che aveva cambiato il nome del Pci in Partito democratico di sinistra. Tutti e tre poi uscirono dal socialismo europeo. I primi due travolti dagli scandali, il Pds (poi Ds) quando si unì alla Margherita, completando finalmente l’indirizzo cattocomunista, e divenendo Partito democratico, uscì nel 2007 dal Pse, perchè i cattolici centristi non si consideravano socialisti. Nel 2009 il Pse per venire incontro agli italiani cambiò il nome dell’eurogruppo parlamentare in Alleanza progressista di socialisti e democratici per ammetterne gli eletti europei del Pd. E finalmente nel 2014 il Pd di Renzi rientrò nel Pse.
Nell’occasione il governatore toscano Rossi, poi
approdato alla scissione del Mdp, scrisse che il Pci avrebbe dovuto aderire al Pse già dopo l’89 e invece c’è voluto Renzi. Si è perso quarto di secolo. Le corbellerie della frase (il Pci cambiando nome aderì; Renzi rientrò dopo 7 anni dall’uscita di un partito, i Ds, che non era il suo; il toscano rientò nel Pse ma non nel’Is) nascondono molto di più di una semplice ignoranza storica, ma il vero problema dell’assenza di sinistra in Italia e dell’impossibilità di ragionare sull’evoluzione passata e futura della sinistra.
I retropensieri e i retrostrafalcioni di Rossi sono gli stessi del nuovo segretario del Pd Zingaretti. Il governatore laziale passò gli anni ’80, tra associazioni per la pace ed antirazziste e la federazione dei giovani comunisti, finchè non ne divenne segretario, prima provinciale romano e poi nazionale (’91) senza accorgersi naturalmente che la Fgci era divenuta Sinistra Giovanile. Poi si immerse in Arno, o meglio nel Reno e nel Potomac, come Vice Presidente dell’ Internazionale Socialista (perchè il Pd ne faceva parte), finchè il Partito non gli diede i voti per divenire consigliere caputolino (’92) ed eurodeputato (2004), poi presidente della provincia e governatore laziale.
Mentre cambiavano mondi, schieramenti, ideologie,
utopie da snervare le coscienze e far tremare i polsi, i nostri governatori non batterono ciglio. Esempi da giurassico, sopravvisuti di una grande burocrazia partitica che tracollava e si liquefaceva, ultimi suoi mentori, serafici e senza neanche un rimescolio di stomaco passarono dalla lotta di classe alla competizione di mercato, dal proletariato alle nostre imprese, facendo sfumare nelle nebbie le passate discussioni, sotterrando le abiure, nella convinzione che il numero desse loro comunque ragione. Fintanto che potevano traghettare milioni di persone, senza svegliarle, dallo stalinismo alla tiepida vicinanza al grande alleato e finanziatore sovietico, all’adesione al liberismo globalizzante ed all’adorazione del nuovo alleato e nuovo portafoglio, tutto andava bene. La pace era un leitmotiv di Stalin, l’ambiente una sinecura antinucleare, tutta orientata contro la Nato; disconosciuto e scordato l’antico legame, si trattava di temi proseguibili in un’ottica scandinava. E che ne portavano altri, tutti new age, dall’immigrazione ai pet ai gender.
C’è in queste persone una capacità antica e
camaleontica, di agganciare qualunque cosa, e senza alcuna riflessione, alle convenienze di potere, che risale al cinismo predatorio dell’asiatizzazione degli ideali primigeni dei socialisti. Tutte le anime coerenti ed oneste intellettualmente, Bordiga, Tasca, Silone sono scomparse nella memoria, mentre sono rimasti gli ambigui, capaci di mescolare l’impossibile, mentitori che sapevano di mentire. Finchè la necessità di avere un’idea di fondo salda e coerente, è venuta meno del tutto. Così i comunisti fecero i pieno di socialisti, tra le due guerre, poi di fascisti, nel dopoguerra, fino ad imbarcare democristiani e giustizialisti ai giorni nostri. L’idea di fondo, quella per cui il socialismo europeo non anticapitalista si pone comunque in alternativa alla finanza ed al capitale per smorzarne e regolarne gli effetti, non è per loro un must, ma un accessorio da blandire quando convenga.
A cose fatte, a far così, non si può ricordare bene la
storia. Ci sarebbe da vergognarsi. E infatti i comunisti come Rossi e Zingaretti non la ricordano. La mistificano anche a se stessi. Fa ridere ovviamente chiamarli comunisti, se non fosse che sono rimasti nell’intimo membri di quel Pci, risultato degli esperimenti politicorganizzativi del mondo reale sovietico, un sistema alla fin fine nazionalpopolare, totalitario e fascista. Non a caso agitano istericamente feticci storici (antifascismo e Resistenza) come indulgenze per lavarsi le coscienze; ma si aggrappano a miti, corrotti fin dal nascere. Ed attaccano quelli che vedono come nemici ideologici, con livore, furore, disumanità che in passato legittimava l’eliminazione.
Tutti avranno notato come gli esponenti di destra stiano raccogliendo le questioni sociali, nuce del percorso socialista. Un Fusaro marxisticamente figlio di Plebe si trova così assieme ai nazionalisti. E’ il paradosso dovuto alla morte della sinistra italiana, progetto pensato ed attiuato dagli ex e post comunisti, cui per anni è stato chiesto di dire qualcosa di sinistra. Non possono ontologicamente. Ed allora è la destra a farlo.
Il percorso è lungo e sofferto; condanna l’Italia a non avere una sinistra ma un suo simulacro, finchè i nipotini dei burocrati comunisti in pectore, non butteranno la loro storia riconoscendone il tradimento degli ideali primigeni.
– L’autore è direttore de Il Format –
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.