C’è un’opera di Leonardo da Vinci divenuta famosissima in tutto il mondo per non essere mai stata realizzata: la scultura equestre in onore di Francesco Sforza. Il progetto di Leonardo era talmente ambizioso che avrebbe dovuto oscurare tutte le opere precedenti, in particolare quelle del suo maestro il Verrocchio. Tale progetto rimasto incompiuto divenne una barzelletta per i contemporanei di Leonardo: Michelangelo fu solo uno tra coloro che ne risero. Oggi, però, non può che far urlare dalla rabbia. Era il 28 aprile 1489 quando Ludovico il Moro concesse all’artista un consistente anticipo per iniziare a lavorare al monumento equestre in onore di suo padre. Inoltre il giovane Signore di Milano mise a disposizione di Leonardo delle stanze sul sito dell’attuale Palazzo Reale di fianco al Duomo per allestire un grande studio. Peccato che l’artista trascorresse più tempo nelle scuderie che nella bottega. Infatti, ricevuto l’incarico, iniziò subito a studiare anatomia equina, cosa che lo costringeva a trascorrere giorni e giorni a osservare i cavalli nelle scuderie e riempire fogli su fogli di schizzi. Sappiamo che pochi mesi dopo, il 22 luglio 1489, il Moro perse la pazienza. Avrebbe voluto che Leonardo si dedicasse a un solo cavallo: quello di bronzo. Invece i giorni passavano e Leonardo sembrava non concludere nulla.
In realtà la testa di Leonardo lavorava freneticamente. Stabilita per la scultura la misura di oltre sette metri, pensava a come fondere il cavallo in un unico pezzo, impresa mai tentata prima. Studiava inoltre come realizzare il pesante cavallo di metallo mentre s’impennava sfidando le leggi della fisica: un banale cavallo fermo sulle quattro zampe, non si adattava certo al suo genio! Probabilmente la mente di Leonardo si soffermava anche a immaginare come il colossale cavallo avrebbe consacrato per sempre la sua maestria. Poi, però, tornava alla realtà: l’impennata rischiava di non reggere il peso; per la fusione unica mancavano sia gli strumenti sia lo spazio; il Moro era sempre più sopraffatto dal sospetto che la scultura non vedesse la luce del sole. Così infine l’impaziente Signore di Milano decise di inviare a Firenze una lettera per chiedere “un maestro o due apti a tale opera”. Insomma il Moro voleva togliere l’incarico a Leonardo e affidarlo a fonditori di bronzo fiorentini. Richiedeva l’invio di esperti artisti giustificandosi con la lamentela: “benché gli abbi commesso questa cosa in Leonardo da Vinci, non mi pare molto la sappia condurre” (Carteggio mediceo – Firenze archivio di stato). Per fortuna nessuno si presentò e così l’incarico rimase a Leonardo.
Compreso che era meglio non fare attendere troppo il Moro col rischio di farlo nuovamente indispettire, nel 1491 Leonardo presentò una versione semplificata del suo progetto: il cavallo avrebbe poggiato su tre zampe. Nel 1493 il modello in argilla era pronto. In attesa di preparare la colata di bronzo, il modello fu esposto nel cortile del Castello Sforzesco suscitando grande apprezzamento. Ancora Leonardo non sapeva che un sovrano francese piccolo di statura, brutto, dissoluto, contagiato dalla sifilide e poco intelligente, avrebbe scombussolato tutti i suoi progetti. L’11 settembre 1494, infatti, il re francese Carlo VIII, scese nella penisola col suo esercito. Per scacciarlo, il Moro pensò di sacrificare la scultura equestre di Leonardo. Il bronzo per la fusione era già pronto: ben 70 tonnellate! Il Moro però lo sottrasse per inviarlo al suocero Ercole d’Este e farci i cannoni da utilizzare contro i francesi. Il figlio Alfonso d’Este, infatti, sopranominato ‘principe artigiano’ per la scarsa propensione allo studio e l’inclinazione alle attività manuali, era appassionato di produzione di pezzi d’artiglieria, cosa che lo fece passare alla storia anche come ‘duca artigliere’. Anche Leonardo aveva progettato innovative armi da guerra; ma a quanto pare, il Moro si fidava più di Alfonso d’Este in campo militare. In ogni caso, il pericolo francese fu solo scansato, non eliminato.
Nel mese di ottobre del 1499, infatti, Milano fu invasa dalle truppe francesi al comando di un nuovo sovrano. Carlo VIII era infatti deceduto, vittima di un incidente poco dignitoso. Tornato in Francia era passato attraverso una porta del suo castello scordandosi di scendere da cavallo o, più probabilmente, essendo piccolo di statura pensava di non superare le dimensioni della porta. Invece pestò la testa contro l’architrave in pietra. Morì per emorragia cerebrale ad appena ventisette anni. In quanto al modello di creta di Leonardo, la soldataglia francese lo usò come tiro a segno per esercitarsi con le balestre, frantumandolo completamente. Leonardo ci aveva lavorato 10 anni. Amareggiato, l’artista lasciò Milano. Tornò in città solo sei anni dopo, nel 1506. La prima cosa che fece fu di andare in giro per la città a verificare lo stato di salute delle opere ivi lasciate; soprattutto il Cenacolo, che già dava segni di malessere prima ancora di essere terminato. Non andò a cercare il suo cavallo: sapeva bene di non trovare più neppure i cocci, spalmati forse per ammattonare qualche sperduta via di periferia.
Michela Pugliese
Tratto dal libro “Leonardo da Vinci, l’uomo al di là del genio”
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/477465/leonardo-da-vinci-luomo-al-di-la-del-mito/
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