Miliardi di parole giudicano e criticano il governo,
la politica, i partiti. Tutte però, pur rivolte agli eletti, intendono influenzare gli elettori. Ed è il voto di questi ultimi che passo passo segna a vivo l’operato della politica e che ne determina il tranquillo proseguimento, il cambio di passo o la crisi deflagrante. Soprattutto quando come quest’anno si vota spesso e diffusamente in ben 4000 comuni.
Dopo i precedenti del Lazio, del Molise, del Friuli Venezia Giulia, quest’anno hanno già votato Sardegna, Abruzzo ed appena ieri la Basilicata; poi ci saranno le elezioni europee il 26 maggio, data comune anche al voto per il Piemonte e per i comuni di Firenze, Livorno, Prato e Bari; infine a novembre seguiranno Calabria ed Emilia Romagna.
Finora il risultato, a parte il Lazio, è stato sempre uguale.
Il centrodestra giocando sul suo doppio ruolo di governo con la Lega e di opposizione morbida (con Forza Italia ed i Fratelli) ha sempre vinto ogni volta superando la sinistra più di quanto non fosse pronosticato. Anche in Basilicata dopo 23 anni di ininterrotto governo di sinistra. Un risultato che probabilmente si replicherà in tutti i prossimi appuntamenti con maggiori difficoltà a Prato (per le divisioni della destra), a Livorno (per la revanche di sinistra sul pentastellato Nogarin, che era un ex forzista) ed in Emilia, roccaforte, sia pur indebolita, rossa. Il voto per il sindaco ed il governatore si basa sul risultato delle coalizioni, il 48,03% ottenuto da Marsilio, nuovo governatore dell’Abruzzo; il 47,81% dell’omologo sardo Solinas ed il 42,3% del lucano Bardi; ed i rispettivi 31,3%, 33% e 33,3% degli sconfitti di sinistra, sempre distanziati di dieci e più punti. Ciò è bastato per dichiarare il ritorno del bipolarismo.
Per le politiche, però, è tornato l’antico proporzionale
dopo decenni di maggioritario. Il proporzionale significa ognun per sé, come sarà anche per le europee. Le elezioni devono quindi essere misurate per perfomance dei singoli partiti. Al primo test della segreteria di Zingaretti i dem in Basilicata hanno preferito evitare di usare nome e logo, preferendo il più anonimo Comunità democratiche. La lista d’appoggio dell’ex governatore Pittella, caduto per guai giudiziari, ha guadagnato quanto quella del Pd ma non le è sommabile, per l’incompatibilità mostrata da altri esponenti dem e no nei confronti dell’ex socialista. In Abruzzo, il primo partito è stato la Lega (27,54%), il secondo i 5Stelle (19,7%); in Basilicata l’inverso (20,1% a 18%) con un trend di recupero degli ex padani e l’avatar Pd al 9%. Solo in Sardegna il Pd ha superato con l’11,13% la Lega al 9,88% ed i 5stelle al 9,72%.
Fermo restando che tutte le percentuali devono essere misurate su metà dell’elettorato. Hanno infatti votato effettivamente il 53,1% dell’1,2 milioni di abruzzesi aventi diritto, il 53,7% dei quasi 1,5 milioni di sardi ed il 53% dei quasi 600mila lucani chiamati ad eleggere rispettivamente 30, 60 e 20 consiglieri.
Il forte ridimensionamento del Movimento di Di Maio
e Casaleggio rispetto alle elezioni politiche non consegna vittorie al Pd. Non solo perché perde una regione dopo l’altra, ma anche perché le formazioni di governo insieme risultano sempre sostenute dal voto, la Lega in crescita ed i 5stelle, pur se in calo, con un grosso patrimonio elettorale. Ed è raro vedere i governativi guadagnare punti sull’opposizione. Il ritorno al bipolarismo resta, malgrado le fanfare, un wishful thinking per Pd ed anche Forza Italia.
La Lega guadagna il massimo finché resta svincolata
da Berlusconi, anche se sua lasca alleata amministrativa. Pratica cioè una strana variante della politica dei due forni, che un tempo la Dc utilizzava ora con il Pci, ora con il Psi. Salvini la usa sempre per scelte di governo, a livello locale con il classico centrodestra, per Palazzo Chigi con i 5stelle. Non si creda perciò alle grida di imminenti crisi di governo, di elezioni anticipate, di ritorno del bipolarismo. Ora ci sono proporzionale, tripolarismo (se non quadripolarismo) ed alleanze variabili. Il Pd dovrebbe lanciarsi su temi sociali ma fintanto sceglie temi must come lo jus soli si inchioda alla scomoda situazione attuale.
C’è solo da attendere il lungo processo in cui la Lega lentamente svuoterà 5stelle e Forza Italia delle loro componenti più destre. Quando diventerà troppo grande, Salvini avrà indiscutibili problemi di gestione di un corpo cresciuto troppo in fretta. Problemi del domani che per ora non sono all’orizzonte.
– L’autore è il direttore de Il Format –
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.