Brutalizzato, calpestato, ucciso, eliminato. Ma il pane anche così ridotto rivendica la propria dignità e la propria storia secolare e richiede rispetto. La sua umiltà popolare, la sua presenza quotidiana, la sua eterna capacità di saziare la fame, sono un simbolo di vita e di crescita senza limiti latitudinali o temporali. E’ da vigliacchi calpestare il pane. E’ successo a Torre Maura, nel giorno delle barricate tra residenti del quartiere e un gruppo di settanta rom (tra cui 33 bambini e 22 donne) arrivato in un centro di accoglienza in quella periferia est di Roma.
Poco dopo le 18,30 del 2 aprile sono arrivati una delegazione di Casapound e un gruppo di Forza Nuova. I militanti hanno gettato a terra i panini destinati ai rom e li hanno calpestati, dicendo “Zingari, dovete morire di fame”. Questo il fatto che trascende le motivazioni politiche, l’esasperazione dei singoli, i comportamenti a volte illeciti dei Rom, la rabbia crescente per l’assenza di risposte risolutive, le azioni frammentarie senza una visione politica, una periferia che soffre di povertà, di problemi annosi e mai affrontati radicalmente. Altri cercano di trovare le cause dopo un effetto devastante E qui non interessa spiegare le ragioni di tanta rabbia, ma chiedersi:“Perché calpestare il pane? Perché uccidere il simbolo della vita con estremo disprezzo?”
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano