«In atto un esperimento di massa sui minori» nella clinica che cura la disforia di genere

Esteri

Diagnosi affrettate, conversion therapy per adolescenti gay, pressioni dalle lobby transgender. L’inchiesta del Times

«È in corso un esperimento di massa sui bambini, i più vulnerabili». È la denuncia del Times che ieri ha dedicato una grande inchiesta, pubblicata in prima pagina, all’abuso di terapie bloccanti la pubertà da parte del Gids (Gender Identity Development Service), il servizio di sviluppo dell’identità di genere della Fondazione Tavistock & Portman, la controversa clinica del National Health Service inglese che si occupa di “curare” i minori che soffrono di disforia di genere e da cui si sono licenziati 18 medici in tre anni. Il Times ha parlato con cinque di loro, tutti e cinque dimessi dalla clinica per ragioni di “coscienza”: «Questo trattamento sperimentale viene effettuato non solo sui bambini, bensì su bambini molto vulnerabili, che hanno avuto problemi di salute mentale, abusi, traumi familiari. Ma a volte questi fattori vengono semplicemente insabbiati», ha detto uno di loro.

CELEBRARE LA NUOVA IDENTITÀ TRANS

Secondo i medici, che facevano parte dello staff deputato a decidere se arrestare con i bloccanti ormonali lo sviluppo sessuale di pazienti anche piccolissimi, negli ultimi tre anni bambini e adolescenti sono stati avviati al percorso di transizione prima che agli esperti fosse dato il tempo di valutare le cause della loro “confusione” di genere. Spesso storie personali complesse o una possibile omosessualità sono state del tutto ignorate nella fretta di accettare e celebrare la nuova identità transgender del paziente. Non solo, alle preoccupazioni del personale del Gids hanno fatto eco quelle del professor Carl Heneghan, direttore del Center of Evidence-based Medicine presso l’Università di Oxford, che in un lungo editoriale ha sollevato forti timori sulla sicurezza stessa delle terapie farmacologiche utilizzate: «Data la scarsità di evidenze scientifiche a sostegno, l’uso off-label di farmaci per esiti non coperti dalla licenza del farmaco nel trattamento della disforia di genere si traduce in un esperimento dal vivo non regolamentato sui bambini».

Nel 2010 sono stati inviati alla clinica 94 bambini, nel 2018 sono stati 2.519: il più giovane aveva tre anni. Tre anni: è stato questo a trattenere al lavoro negli ultimi due anni uno dei medici che oggi parla al Times, quel numero «enorme di bambini in pericolo. Sono rimasto lì per proteggere i bambini da eventuali danni». Tutti e cinque i medici affermano che le charity transgender come Mermaids abbiano avuto responsabilità fondamentali nel promuovere tra i genitori la transizione di genere come unica “cura” per i loro figli. Non solo, i medici denunciano pressioni da parte della clinica che spingeva ad avviare i giovani ai trattamenti nonostante i clinici stessi non ritenessero fosse nel migliore interesse dei loro pazienti.

“TRATTATI” BIMBI GAY O AUTISTICI

Ora la clinica si trincera dietro gli slogan, «al centro del nostro lavoro c’è il benessere dei giovani», «un numero crescente di studi internazionali ha mostrato che ad oggi “ci sono poche evidenze di danni”» dice il direttore Polly Carmichael, che sta monitorando i progressi di 44 giovani che hanno iniziato a bloccare la pubertà nel 2011 assicurando che tutta la documentazione scientifica disponibile è stata discussa con le famiglie. Eppure i medici assicurano che molti bambini si siano convinti a cambiare sesso dopo aver subito del bullismo omofobico, molti di loro avevano incertezze sul proprio orientamento sessuale. Il Guardian si era già occupato della vicenda: un rapporto firmato dall’ex capo dello staff della Tavistock, David Bell, lo scorso anno, aveva sottolineato come alcuni bambini assumessero un’identità trans come soluzione «a molteplici problemi come l’abuso in famiglia, il lutto, l’omofobia e un’incidenza molto significativa del disturbo dello spettro autistico», spesso dopo avere avuto accesso a «risorse online». Qualche mese dopo anche lo psicanalista Marcus Evans, si era dimesso dalla clinica ritenendo che i medici offrissero «soluzioni rapide» ad ogni problema con la riassegnazione di genere, opinioni condivise da un gruppo di genitori convinti che la clinica spingesse i giovani «decisioni che cambiano la vita senza valutare appieno la loro storia personale».

Caterina Giojelli (Tempi)

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